Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/233

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modo ne venisse assicurato alla famiglia Montecuccoli il pieno possedimento. Forse allora al marchese era già nota, pel mezzo del Bolognesi, una lettera che Raimondo aveva scritto da Norimberga il 14 di settembre 1644, e nella quale esprimeva il fermo proposito di liberarsi dai debiti incontrati per quella eredità.

Proponevasi egli da prima di ciò ottenere mercé il credito che, per le cagioni da noi discorse, aveva verso la camera imperiale; “e saria pur cosa ragionevole”, soggiungeva, “che, dopo cento anni di servigio continuo che hanno reso quei della mia famiglia, ci fosse una volta un vestigio della mercede cesarea”: le quali parole lascian luogo a credere, che insino allora non avesse egli potuto fruire della donazione imperiale. Seguiva poi avvisando, che, se questa non si potesse conseguire, sarebbe mestieri vender la terra, affinché i creditori non lo avessero a spogliare d’ogni cosa. E perché un Prichalmar era stato con due gesuiti a vedere Hohenegg che molto eragli piaciuto, sarebbe da investigare, ei diceva, se, denaroso com’egli era, vi avesse fatto sopra qualche disegno, e se fosse il caso di iniziare trattative con lui. Ma da questo proposito lo avranno forse sconsigliato il marchese Francesco e il Bolognesi, perché in una nuova lettera a quest’ultimo non più faceva egli parola di Hohenegg, ma solo dell’assegnazione imperiale che voleva tentar di ottenere gli fosse pagata, presentando per mezzo del Trautmannsdorf un Memoriale all’imperatore. E diceva altresì che si cercasse di venderla al Prichalmar anche con perdita, se d’uopo ne fosse, di qualche migliaia di fiorini, a ciò costringendolo per avventura i gravi dispendii che allora gli erano necessarii. Ma non ebbe luogo quel contratto; e nel seguente anno 1645 poté egli riscuotere cinque mila fiorini di quell’assegnazione, il che, per lo stremo in cui era venuto l’erario imperiale, fu reputato da tutti cosa meravigliosa.

Per conservare alla famiglia il castello di Hohenegg continuava intanto ad insistere il marchese Francesco, pregando il Bolognesi “ad antivedere e provvedere a tutto quello che stimerà bisognare per simile intento. E se il signor conte Rai-