Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/268

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Boemia. Vi si trovarono tre mila cavalli, come scrisse egli stesso, e quattrocento dragoni, numero non molto inferiore alla cavalleria degli svedesi, che poi lo vantaggiavano invece nel numero delle fanterie. Ma Raimondo aspettava altre truppe che dall’Austria erano in cammino per raggiungerlo, con che “spero in Dio, così scriveva, ch’egli (Wittemberg) troverà maggior opposizione che non si credeva”. Il 2 di giugno del 1646 annunziava il Torresini che, partito da Braunau alla volta di Brieg, era intento Raimondo a provvedere di uomini e di munizioni le piazze della Slesia minacciate da Wittemberg. Ma la fortezza di Wartemberg, verso la quale ei moveva, benché avesse certezza di essere soccorsa, aprì senza trar colpo le porte agli svedesi; onde il Montecuccoli espresse con queste parole il proprio disgusto: “Il comandante di Wartemberg mi ha tolto di mano la più bella occasione del mondo di fare un bel colpo, bisogna cercarne un’altra”. Dovette poi il Montecuccoli fermarsi a Brieg per attendervi occasione opportuna di attaccare il nemico, al qual fine aveva egli fatto costruire un ponte sull’Oder a Stein. Il Wittemberg però, riunite le genti sue in Glogau e nei dintorni di là dalla Bartsch in luoghi paludosi e fortificati, non mai accettò il combattimento, aspettando di aver sotto mano quelle truppe ancora che gli dovevano giunger dalla Pomerania. Al Montecuccoli non rimaneva pertanto che scorrere il paese per impedire i viveri ai nemici. In una di queste scorrerie, narra il Priorato, gli venne fatto di tagliar a pezzi 280 uomini di cavalleria, e, procedendo fin sotto Glogau, d’impadronirsi dei cavalli ch’erano al pascolo. Le devastazioni fatte posero allora a dura prova gli svedesi, molti de’ quali, narra l’autor medesimo, perirono di fame, ed altri fuggirono in Polonia ove si dava opera a far leve. Mentre queste cose accadevano, facevasi correr voce in Vienna (come al duca di Modena scriveva il Torresini), che avesse il Wittemberg battuto un colonnello del Montecuccoli, di nome Tabac, che era a capo di mille cavalli, e cui dicevano rimasto prigioniero. Aggiungevasi, che per questo il Montecuccoli aveva dovuto abbandonare la Slesia; ma tutto ciò, sette giorni appresso, dal diplomatico