Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/285

Da Wikisource.


Ma se grave sarà riescito al nostro italiano il torto ricevuto, egli “come cavaliere prudentissimo”, per usar le parole del Torresini, “dissimulava il disgusto”: a mitigare il quale venne poi alcuni mesi più tardi una nuova promessa, della quale diremo più oltre. A dimostrare come al vero si apponesse il Torresini nel giudicio che dicevamo aver egli recato, sul modo onde in quella circostanza si contenne il Montecuccoli, amiamo riprodurre la narrazione di questo fatto ch’ei medesimo mandò in una lettera sua del 22 di luglio 1647 al principe Mattia de’ Medici: “...Vostra Altezza Serenissima avrà similmente inteso, come Sua Maestà avea fatto rappresentare alli Reggimenti di cavalleria di Baviera il giuramento che aveano prestato all’Imperio, e per conseguenza alla Maestà dell’Imperatore che n’era capo, e che però dovessino venire a congiungersi all’Armi Imperiali, e Jovan de Wert s’era offerto di condurli, et erano di già in marcia, ma non so come, si ripentirono poi dopo, e si sollevarono, onde detto Johan de Wert e lo Sporck si salvarono soli, e vennero qua, dove Sua Maestà per riconoscenza del buon servigio che avevano avuto voglia di rendere, ha fatto quello Generale della Cavalleria, e questo Tenente Maresciallo”. In questa lettera non che scorgersi ombra di rancore, si ha dimostrazione di ossequio all’imperatore, del quale si cerca onestare il procedere mercé la suprema autorità sua nell’impero. Ma questa non potevasi estender sino a ribellare i soldati ai principi loro, che avevano diritto, perché mancava modo all’imperatore di aiutarli al bisogno, di rimaner neutrali, mentre poi tanti altri di loro avevano assunte le parti di Svezia e di Francia, avendo questa guerra allentati que’ legami che già tennero unita la confederazione alemanna.

Al tempo in cui, benché fosse ormai incominciata la primavera, dava Raimondo alcun riposo alle sue truppe, ritornava il conte Alfonso a Vienna per un ultimo tentativo di trovar modo di evitare al suo sovrano di entrare in guerra cogli spagnoli in Lombardia: e promise infatti l’imperatore che a ciò si sarebbe adoperato, e che se la cosa riescisse a bene, avrebbe ricevuto Francesco I il titolo di vicario imperiale in Italia.