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giungeva poi che il venire ad una battaglia decisiva, secondo ei consigliava, sarebbe stato un porre a repentaglio la monarchia e l’intera cristianità. Spiccata apparisce da queste parole dei due capitani l’indole peculiare di ciascuno di loro: dedicatosi l’uno con tutto il vigore dell’animo al trionfo della causa alla quale serviva, circospetto perciò in ogni impresa sua per timore di recarle nocumento, pronto invece a menar le mani a dovere, quando la pugna offerisse probabilità di esito felice; audace l’altro, uso a combattere da partigiano, e indifferente, quando non fu avverso, a ciò che potesse tornar di utilità al proprio principe, essendo anzi, e l’accennammo, implicato in trame contro di lui. Era esso uno di quegli uomini de’ quali neppure l’età nostra ha difetto, e che pur di far trionfare un’idea, metterebbero a soqquadro la patria loro, che molto hanno sulle labbra, e poco nel cuore. In seguito al colloquio del quale dicevamo, o dal medesimo traendone il pretesto, avvenne che lo Zrin, rimasto quasi senza soldati, essendosi sbandati i suoi, né potendone avere dal Nadasdi e da Hohenlohe, che dipendevano più specialmente dal Montecuccoli, fece risoluzione di abbandonare il campo, andando ad un suo castello, indicato dal Federici col nome di Chincheturno (Cinque torri?), e negando poi agl’imperiali i viveri ch’erano ne’ magazzini del suo territorio. Avendo il Montecuccoli, per mezzo di un conte Miglio, reso informato di questo il consiglio di guerra in Vienna, fu probabilmente deliberato di chiamare colà lo Zrin, essendoché c’informi lo Stom che vi andasse, e vi movesse lagnanze contro il Montecuccoli, non dubitando di attribuirgli la colpa della perdita del suo forte. A codeste accuse allude senz’altro un passo degli Aforismi che dice: “Chimerizzarono alcuni che il forte si fosse a bello studio lasciato perdere... Di gran rettorica avrebbe mestiere a persuadere a tante e sì diverse persone di lasciarsi tagliare a pezzi per nulla”. Nella sua Historia di Leopoldo Cesare, c’informa poi il Priorato, che a Vienna richiese lo Zrin un comando indipendente, e che veniva tenuto a bada, non volendosi per avventura né contentarlo né scontentarlo, anche perché s’era