Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/478

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non sapevasi per sicuro se li avrebbe comandati Raimondo, perché quantunque si fosse rimesso nella pristina robustezza, avrebbe voluto l’imperatore esser certo che andar potesse alla guerra senza provarne nocumento. In me per altro nasce sospetto che fosse più presto i nemici di lui, e singolarmente il Souches, che s’adoperassero ad impedire il conferimento di quel comando. Ma solo il 27 di luglio scriver poté il gesuita alla duchessa Laura, che Raimondo sarebbe senz’altro andato alla guerra “havendolo l’imperatore incaricato di farlo, con dirgli che non saprebbe confidare ad altri un’armata da cui dipende tutto il corpo, anzi l’anima de’ suoi Stati”. Del padre Carlantonio sappiamo poi che accompagnò nell’autunno il figlio di Raimondo ad una terra di lui, che sarà stata Hohenegg. Veniamo ora a tener parola dei fatti di guerra avvenuti in quell’anno. In quella che noi diremo la più importante fra le relazioni di essi edite dal Polidori, abbiamo i nomi dei reggimenti di fanteria, parte completi e parte non interi, che si trovarono alla rassegna fattane dall’imperatore ad Egra. Fra essi, che erano otto, uno ve n’era del quale aveva la proprietà il tenente maresciallo principe Pio; d’un altro era colonnello il Del Carretto, marchese di Grana. Tredici erano i reggimenti di cavalleria, tra grave e leggera, annoverandosi fra essi quelli del Montecuccoli, e degli altri italiani Caprara e Galasso. L’artiglieria che metteva in mostra 36 cannoni, era agli ordini del principe di Baden. E a queste truppe s’unirono poi altri reggimenti. Il Bournonville ebbe officio di maresciallo di campo generale dell’esercito, e avevano parziali comandi il principe di Lorena, lo Spork generale di cavalleria, i tenenti marescialli principe Pio, Caprara, Wertmüller, i generali Porcia, Leslie e Cavaignac, sergente generale. Quartiermastro era il barone di Vismes: italiani gl’ingegneri militari, Taddei cioè e Nodara, il quale ultimo restò ucciso mentre dirigeva un assedio; e italiano era pur anche il commissario generale conte Giovanelli di Verona, fattosi ricco con imprese di miniere in Ungheria: dopo resi grandi servigi nell’approvigionamento dell’esercito: questi poi, alla fine di quell’anno, morì di febbre maligna a Limburg. Quella parte delle