Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/538

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da un contemporaneo, che secondo ogni probabilità fu testimonio oculare di quanto accadde allora di qua e di là dal Reno. Né molto diverso da quello del Borgognone è il giudizio recato dal generale Cavaignac, quel francese che militava, come dicemmo, nell’esercito cesareo, e del quale il Magalotti, così parco nel lodare, lasciò scritto che era “il più capace uomo assolutamente che abbiamo, dopo il Montecuccoli. Intende tutto, il campeggiamento è il suo forte. Conosce troppo superiormente la condizion del paese. Libero sino a rendersi odioso. La sua maggior tara per aver a servir l’imperatore è l’esser nato franzese”. Alle lodi compartite al Montecuccoli da questi contemporanei suoi per una campagna della quale disse il Foscolo che non se ne trovi una più bella tra le antiche, si potrebbero aggiungere quelle di molti altri. E invero, se non venne fatto a Turenna e a Condé di battere o di far indietreggiare quel valente italiano, che li indusse anzi a far uso di una prudenza che, in riguardo singolarmente al Condé, potrà sembrare eccessiva; io non so qual altro capitano tra i migliori di ogni età in ciò sarebbe riescito. Vado poi lieto di aver potuto, la mercé di documenti inediti, recare in mezzo più particolari insino ad ora sconosciuti circa quest’ultima e così gloriosa guerra del Montecuccoli; e d’avere con l’ampiezza della narrazione, in parte almeno, supplito al laconismo con cui codesto argomento è stato trattato insino ad ora da molti degli storici de’ quali ho notizia.

Di un ultimo fatto pertinente a questa guerra resterebbe a far menzione; ma, a mio giudizio, quel fatto non apparisce molto probabile. Ed è quello narrato in una Memoria del generale Guglielmo Pepe, che non m’è dato scoprire donde lo traesse. Dice egli, che Raimondo, ammaestrato dalla precedente campagna del danno che poteva derivare alle operazioni sue dagli ordini che intempestivamente gli venissero da Vienna, erasi proposto di non aprir le lettere che di là gli si mandassero; e perciò al termine della guerra restituì all’imperatore con intatti i suggelli le lettere che gli aveva scritte, allegando a sua scusa che se le avesse lette avrebbe forse dovuto obbe-