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pato dall’Huissen, che sembra essere però una posteriore esercitazione letteraria, di qualche gesuita forse . Tra gli anagrammi che dal suo nome si trassero quello che dice: centum oculi al vivo riproduce la previdenza e insieme la perspicacia di quel gran capitano.
Aveva egli fatto testamento nel 1675 innanzi di partire per l’ultima sua campagna: in questo, oltre le disposizioni che dicemmo per la sepoltura, lasciava legati ai gesuiti, ai cappuccini, ai carmelitani, ai domestici suoi, e limosine ai poveri, orologi a diversi amici, un quadro del Guercino, rappresentante una donna, a Giovanni Massimiliano conte di Lamberg, primo ciambellano dell’imperatore, un altro detto Gratia Dei del Canavio (Caracci?) al conte Contardo, e uno del Durer al conte Ferdinando, entrambi Dietrichstein. Mille fiorini aveva destinati al padre Carlantonio per noi nominato, che dicemmo essergli premorto. Alla moglie, che pure lo precedé nel sepolcro, dovevano pagarsi annualmente tremila fiorini, e le si lascierebbe l’uso degli oggetti preziosi, salvo il ritratto gemmato di Cristina di Svezia: sarebbe stata tutrice del figlio e di Ernestina che nel 1675 era ancor nubile, sino all’età loro di 22 anni, e tutori, s’ella morisse, i due Dietrichstein ora nominati. Alla figlia Luigia, maritata (come nel testamento si legge) in Berkin , 10.000 fiorini, che sarà stata la sua dote, giacché quella da lui assegnata ad Ernestina viene indicata nella somma medesima. Non si trova menzione dell’altra figlia Carlotta, o fosse per dimenticanza di chi trascrisse il testamento, o meglio perché già avesse ritirata la sua dote. La vedremo poi nominata nel codicillo. Erede universale, il figlio Leopoldo, purché nulla innovasse nel maggiorasco che allora ei fondava, consistente nella sua casa in Vienna (che era nella Schenkstrasse), in un orto fuori della città e nel ritratto ornato di diamanti di Cristina di Svezia, il qual fedecommesso doveva passare, secondo