Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/576

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E l’istess’hora, che col piè calchiamo
L’incide il ferreo caso;
Sognate or voi felicità perfetta,
Morte c’è a lato, e aspetta
Solo per far più acerbo il colpo, e pieno,
Che gli Astri di fortuna in auge fieno.
   Non son queste, non son tragiche fole,
Né su l’Attiche carte
Le miserie dell’huom lessi dipinte;
Vid’io di vero mal storie non finte,
Cader lo Svecio Marte,
E in poca polve andar l’Herculea mole;
Né vide, e vedrà il sole
Tomo maggior , s’ei dal Elisio fondo
Per tornar a morir non torna al mondo.
Già con piè trionfante egli correa
Il Germanico suolo,
Qual ne la Grecia il domator Alcide;
Già a lui merce sabea per tutto stride,
Ch’incauto amico stuolo
Stupido a le grand’opre Iddio ‘l dicea;
Ei cui il Ciel promettea
Con fausti auspici universal vittoria
Disse rapito in estasi di gloria:
Or de la gran Germania un picciol punto
Presta a’ trionfi nostri,
Ciò ch’altrove ella miete, a noi sol miete;
Qui noi entrerem nelle Campagne liete
Del Latio, e gli ori e gli ostri
Hanno del Latio ogni valor consunto;
E ‘l giuro, il tempo è giunto,
Che destin renda a Roma i prisci heroi
Noi rendiam Roma a’ prisci honori suoi.
   Poi se ‘l Germano e l’Italo s’atterra
A noi cui dier le stelle
In lega e Dano, e Belga, e Gallo e Inglese,
Quai contr’a tanta forza havran difese
L’Africa, o l’Asia imbelle?
L’Adolfo io son che non fien vinte in guerra
Vinceremo ogni terra,
Ma lento è vinceremo, homai vinciamo,
E lento è questo ancor, già vinto habbiamo.