Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/588

Da Wikisource.


X Nelle felicissime nozze di S. Eccelenza il Signor Conte Generale Montecuccoli con la Illustrissima Signora, la S.ra Contessa Margherita Dietrichstein, ec. (Sonetti di Bernardino Bianchi )

E’ un mar la Corte che ben cento, e cento,
Che lottar col Naufragio ha in calma absorti;
Ha mille sì, ma non sicuri i Porti,
Né ciò ch’empie ogni vela, altro è che vento.
Cadono in fondo al tumido Elemento
Que’ flutti, che oltre al Ciel parean già sorti:
Quinci a pena caduti, al Ciel risorti
Son depressi, e sublimi in un momento.
Dal suo Plettro Arion qui nulla spera:
Bevon gli Ulissi qui l’onde più amare:
Più d’un Icaro qui forza è che pera.
O’ Virtù di Raimondo, al Mondo rare;
Che mentre altri perisce, altri dispera,
San pescar Margherite in questo mare.

Lodasi il valore di S. E. e nelle Armi e nelle Lettere

Chi pria mi desta? E in più stupori absorti,
Chi prima sia, che i miei pensier ravvivi?
O il Plettro, che dié vita a mille morti,
O il Brando, che dié morte a mille vivi?
Raimondo, o che tu pugni, o che tu scrivi,
Oracol sei de’ saggi, Idea de’ Forti;
E veggo Armi Latine, e Studi Argivi,
Che con altri perir, teco risorti;
Poco è di Lauri; anzi di Stelle un Serto,
Meno al tuo Nome, o sculti Bronzi, o Marmi;
Nulla lo stil d’ogni Cantor più esperto.
Scrivi tu dunque i tuoi Sudori, e l’Armi,
Che miglior Tromba non può haver tuo merto,
Ch’Eroe maggior non ponno aver tuoi Carmi.