Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/12

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2 Peccati confessati

solo era incredulo, come quasi tutto il clero, ma di molte cose sacre si rideva come di pregiudizj da femminucce; dei preti e specialmente dei frati diceva corna; e tanta era la paura di esser messo in fascio con loro, che tollerava piuttosto aver taccia di licenzioso e disordinato che d’ipocrita e malvagio come tutti gli altri. Da giovane avea sedotto una monaca, ed era lì lì per condurla via di convento, quando i fratelli di lei, saputa a tempo la tresca e l’ora stabilita alla fuga, sorpresero i due colombi all’uscita, li legnarono di santa ragione, e lei ricacciarono in gabbia, lui lasciarono a terra per morto. Di questo amore egli si ricordava e parlava spesso, e senza circospezione e riguardo, anche a’ suoi scolari; e a me, che gli ero carissimo, mostrava talvolta le lettere di lei, e ripeteva le poesie che quella serva del Signore al tempo dei tempi gli aveva ispirato. Perciocchè, oltre le donne e il vino, quasi buon discepolo di Lutero, egli amava potentemente la musica; e scriveva ed improvvisava dei versi, che se non erano perfetti modelli di eleganza e di poetica originalità, eran pur sempre melodici e non privi d’un certo tal fuoco, o d’affetto o di vino che fosse, il quale facevali parer bellissimi a noialtri giovani. E non solo verseggiava egli, ma pretendeva, questo era il bello, che scombiccherassimo versi anche noi, come se fossimo tutti nati con la bozza poetica nel cervello. Ci addestrava però alla prestidigitazione prosodica; c’imborrava la testa di florilegj; ci dava tanti temi da crocifiggere in settenarj o in endecasillabi rimati col Ruscelli alla mano; faceva insomma di tutto perchè ognuno di noi diven-