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E teco era il severo
Genio, cui di Melpomene
Sovra l’itale scene arma il pugnal.
Di lieti plausi un suono,
Dolce compenso al vigile
Culto dell’Arte, intorno a voi s’alzò;
E su l’etereo trono
La sacra musa italica
Nuova luce da’ bruni occhi raggiò.
Or m’odi; e s’io libai
Delle venuste Càriti
Al negato a’ profani inclito altar,
Son degno, e lo meritai,
Che tra il fragor dei plausi
Tu cortese t’inchini al mio pregar.
Lascia alle franche scene
Le sozze larve e gli orridi
Mostri che infame vita hanno quaggiù:
A noi l’aure serene
E i grandi avi consigliano
Arte più mite e più gentil virtù.