Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/487

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     Il ciel sordo, chi affrettasi
     Al casolar lontano,
     Chi chiama i figli, e adoprasi
     Salvar l’invasa masserizie invano!

Tal per ingegno di natura e invitta
     Legge d’istinto ogni anima,
     Sia pur bennata e prode,
     Del proprio scampo gode,
     Prima che sia dall’altrui danno afflitta;
     Nè mai si accende e palpita
     Di sì gagliardi sensi,
     Ne amor, nè dio, nè gloria
     L’accecan sì che ognor di lei non pensi.

Poggiar sovrano in su l’altrui cervice
     È voluttà che simile
     Non ha la terra; e quale
     Più facilmente sale,
     Quegli ha nome di accorto e di felice.
     Io sovra a tutti egregio
     Spirto e beato estimo
     Chi, senza ad altri nuocere,
     Sorge operoso, e fra gli onesti è il primo.