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una soluzione almeno parziale. La scrittura del codice, come ho detto sopra, è del secolo XIV; si potrà tult’al più risalire alla fine del secolo XIll; ma non più in là, come si può vedere e giudicare dall’annesso facsimile. Ora la soprascritta Libcr sancii coluntbani de bobio è, paleograficamente parlando, in tutto simile e coeva alle eguali o quasi uguali diciture [Est Seti e. d. C, oppure: Esl monastern s. e. d. C, od anche: Is/i’ ìiòcr est nioiiasterii s. e. d. C.) che si leggono quasi senza eccezione nei codici bobbiesi anche più antichi. Non poteva, naturalmente, venire in questione la dicitura più lunga, che pur.si trova in quasi tutti i codici bobbiesi,, nella quale si fa menzione dei benedettini di S. Giustina di Padova, trapiantati, come si sa, nel monastero di S. Colombano ormai quasi deserto di monaci nel gennaio 144.S (Rossetti, op. cit. ni, p. 145Ì. La soprascritta in questione è dunque meno antica di quello che a prima vista può sembrare, e l’arcaicità dei suoi caratteri vuole attribuirsi ad abitudine od a studio di imitazione. AU’istessa conclusione mi conduce l’esame dei codici della Vaticana e della Universitaria torinese.
Se ho da dire intera la mia sincera opinione, dojjo un attento esame dell’inventario del 1461 (cod. bobb. torin. F. iv, 29) mi pare che la soprascritta medesima sia di ben poco anteriore all’inventario. Io mi figuro che le cose andarono cosi: al momento in cui il monastero e con esso la biblioteca di S. Colombano passava ai benedettini di S. Giustina, qualcuno dei pochi superstiti, a memoria del passato ed anche a documento di consegna scriveva, ne’ codici la nostra dicitura, e quelli di S. Giustina quasi a presa di possesso, vi ponevan la loro. Le due operazioni si seguirono dappresso, e forse, si toccarono e si riunirono nella stessa mano.
Fra i codici bobbiesi ambrosiani ve n’è qualcuno particolarmente atto a ingenerare una tale persuasione, come per es. quello segnato M. 67 Sup. dove e la dicitura e il numero (136) che l’accompagna si presentano proprio come scritti contemporaneamente e dalla stessa mano. Ora il numero appartiene certamente all’inventario del 1461.
Ne deve far maraviglia ch’io abbia detto qualcuno, e non tutti egualmente i nostri codici bobbiesi. L’operazione dello scrivere in tutti i codici di S. Colombano, nel secolo XV ancora tanto numerosi, la dicitura che ci occupa dovette evidentemente richiedere un certo lasso di tempo ed essere più d’una volta ripresa prima di essere condotta a termine. E questo spiega, se non erro, abbastanza le lievi varietà nelle parole, nei tratti, nell’inchiostro della soprascritta dall’uno all’altro codice. È anzi certo che qualche volta altre mani sono subentrate alla solita. Questo è evidente nel codice Ambrosiano bobbiese A. 135 Inf. (il 112 dell’inventario), come anche nel pur bobbiese M. 32 Sup,, che pel contenuto risponde bensì al numero 125 dell’inventario, ma