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fratelli, lavoratori senza riposo per il proprio funzionamento, rinati per virtù dell'amore ad una nuova vita di giustizia e di bontà.

Se è così, voi non siete soli1.

Voi non pretenderete, spero, al monopolio dello spirito di progresso e di rinnovamento; non commetterete così l’ingiustizia di dimenticare i vostri avversari naturali, quelli che vi maledicono e vi scomunicano, i cattolici che dannano al fuoco eterno i nemici della Chiesa, ma che non hanno meno di voi profetizzato l’avvento di un tempo di pace definitiva. Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, Teresa D’Avila, e tanti altri tra i fedeli di una fede che non è affatto la nostra, amarono certo l’umanità dell’amore il più sincero e noi dobbiamo contarli fra coloro che vissero per un ideale di benessere universale. Ed anche milioni e milioni di socialisti, a qualunque scuola appartengano, lottano per un avvenire in cui la potenza del capitale sarà distrutta e gli uomini potranno dirsi «eguali» senza ironia.

Così le aspirazioni degli anarchici hanno parecchi punti di contatto con quelle di molti uomini di cuore e generosi delle differenti religioni, sette e partiti; ma si distinguono da tutti nella scelta dei metodi da seguire, in modo, come lo dice lo stesso nome, il meno ambiguo.

La conquista dei pubblici poteri: ecco il pregiudizio maggiore di tutti i rivoluzionarii di ieri e di oggi, anche i meglio intenzionati. La educazione ricevuta non permette loro di concepire una società libera, senza un governo regolare; e seguendo le proprie idee preconcette, non appena riescono ad abbattere i padroni odiati, si affrettano a sostituirli con altri, destinati secondo la formola consacrata, a «far la felicità del loro popolo».

Per solito non si osa preparare un cambiamento di dinastia o di governo, senza far omaggio di obbedienza al sovrano futuro: «Il re è ucciso! viva il re!» gridano gli schiavi, che rimangono schiavi anche nella ribellione.

Durante secoli e secoli, tale è stato immancabilmente il corso della storia. «Come si farebbe a vivere senza padrone?» domandansi i sudditi, le donne, i fanciulli, i lavoratori della città e delle campagne e, deliberatamente, hanno piegata sempre la testa e offerto il collo al nuovo gioco, come il bue che tira l’aratro. Chi non ricorda gl’insorti del 1830, che dicevano di volere la migliore delle repubbliche, nella persona del nuovo re, ed i repubblicani del 1848 che modestamente ritornavano ai loro tuguri dopo aver messi «tre mesi di miseria a servizio del governo provvisorio!» In quel tempo stesso scoppiò una rivoluzione in Germania, e nel parlamento che si riunì a Francoforte uno dei rappresentanti avendo esclamato: «l’antica autorità è ridotta un cadavere,» il presidente dell’assemblea gli rispose: «Noi la risusciteremo! Chiameremo nuovi uomini, che sapranno riconquistare al governo la fiducia della nazione».

È proprio il caso di ripetere il verso di Victor Hgo: «Gli istinti vecchi dell'uomo lo riconducono all'infamia».

Contro questo istinto l'ananchia rappresenta veramente lo spirito nuovo. Voi non potete accusare gli anarchici di voler sbarazzarsi di un governo per

  1. Non è così, però. Del resto Eliseo Reclus in una prefazioncina a questo lavoretto lo dice esplicitamente, raccontando che egli era massone da giovane, e che da allora non ha preso più parte ai lavori delle loggie. Per questo e per le sue idee è rimasto al primo grado di apprendistato sempre; cosa di cui egli non si cura affatto.