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Camera dei Deputati — 101 — Senato della Repubblica


ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti



Carmelo Spagnuolo, del quale si discusse nella riunione a Villa Wanda del 1973.

Le oonsiderazioni sulle quali ci siamo dilungati ci pongono il problema se dai rilievi proposti emergano elementi tali che consentano di suffragare una interpretazione dei fenomeni allo studio che rivesta connotati di verosimiglianza politica. È chiaro per altro che il problema viene adesso a centrarsi prendendo le mosse dai due episodi citati, sulla cosiddetta strategia della tensione e sul suo reale significato, ed è problema che correttamente si pone nei termini di accertare quale sia stato il disegno politico sotteso agli eventi.

Si tratta, come si vede, di argomento di vasta portata che trascende !'indagine specifica assegnata alla Commissione, la quale peraltro è in grado di contribuire al relativo dibattito in sede politica e storica, ad esso prestando il patrimonio di dati e di conoscenze che le è proprio. Possiamo allora rilevare che gli elementi conoscitivi in nostro possesso inducono a ritenere improbabile che Licio Gelli e gli uomini e gli ambienti dei quali egli era espressione si ponessero realisticamente l'obiettivo politico del ribaltamento del sistema, mentre assai più verosimile appare attribuire loro il progetto politico di un orientamento verso forme conservatrici di più spiccata tendenza. Comprova questa interpretazione non solo l'esame delle testimonianze e dei documenti sinora ampiamente citati e che si pongono in una non interrotta linea di continuità, ma soprattutto, ed è questo patrimonio conoscitivo proprio della Commissione, lo studio di come gli stessi uomini si muovono in fasi politiche successive, di segno totalmente diverso: di come cioè adeguino tattiche e forme di intervento al mutare degli eventi. È la stessa diversità tra le due fasi della Loggia P2 che, correndo in parallelo, secondo la ricostruzione che la Commissione è in grado di fornire, alla diversità di periodo storico, ci testimonia la identità del fenomeno e la sua sostanziale continuità.

Se tutto ciò è vero, e tutto infatti ci conduce a questa analisi, non è azzardato allineare, accanto all'interpretazione più evidente dei fatti, un'altra ipotesi ricostruttiva di pari possibile accoglimento, che la prima non esclude: quella cioè che la politica di destabilizzazione nella quale il Gelli ed i suoi accoliti si inserivano mirava piuttosto, con paradossale ma coerente lucidità, alla stabilizzazione del sistema, su situazioni naturalmente di segno politico ben determinato.

Di fatto la realtà politica che si delinea alla nostra attenzione è che se certamente vi furono in quel periodo forze e gruppi che in modo autonomo si prefiggevano il ribaltamento del sistema democratico attraverso l'impiego di mezzi violenti, questa situazione di indubbia autonoma matrice da non sottovalutare, come ha sottolineato il Commissario Covatta, venne utilizzata da altre forze secondo un più sottile disegno politico.

Partendo dalla premessa del Commissario Battaglia che vi furono cioè certamente in quel periodo forze che aspiravano a destabilizzare per destabilizzare, la diaLettica di rapporti che ci è dato