Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Relazione del Presidente del Consiglio e del Ministro di grazia e giustizia e dei culti a S. M. il Re intorno di plebiscito delle Provincie Venete:
Sire,
Il vostro Regno, con esempio unico nella storia, crebbe e s'ingrandì per consenso spontaneo dei popoli ansiosi di dare all'idea nazionale una forma, che ne assicurasse lo svolgimento, e fosse all'Europa una guarentigia di ordine e di civiltà.
I Vostri Padri avevano custodito sempre l'indipendenza d'Italia, educato civilmente i popoli a loro commessi, dotandoli insieme di civili istituzioni.
II Vostro Augusto Genitore li restituì al libertà mentre si faceva campione d'Italia; e Voi, Sire, seguendo l'esempio degli Avi, calcaste le orme del Padre, e foste fermo e leale mantenitore della Sue promesse e magnanimo continuatore della Sua opera.
Queste virtù della Vostra Dinastia e Vostre meritarono che le popolazioni italiane scuotendo la soggezione straniera si riunissero intorno al Vostro Trono e formassero sotto il Vostro scettro costituzionale il Regno d'Italia.
Da quel momento il diritto internazionale fu costituito, ma non si potè estendere su tutta l'Italia. Rimase in soggezione straniera una parte nobilissima della Penisola, che pure aveva fatto eroici sforzi per liberarsene sino dal 1848; manifestando fin d'allora la volontà di unirsi al Vostro Regno; confermando poi e consacrando il suo voto con diciassette anni di resistenze e di patimenti.
La Nazione costituita considerò quindi la Venezia per medesimezza di stirpe, di lingua e di sentimenti come parte integrante di sè, e colle dichiarazioni del Governo di V.M., colle deliberazioni del Parlamento, cogli apparecchi di guerra fece sempre aperta la sua indeclinabile volontà di recuperarla.
Oggi le cause per le quali Venezia viveva separata innaturalmente dall'Italia sono venute a cessare, ed ella è per essere restituita in grembo alla Nazione.
Ora il Vostro Governo prega la V.M. a voler consentire che i Veneti siano chiamati a confermare la loro volontà per mezzo del plebiscito.
Il Governo di V.M. giudica conveniente di rendere omaggio, anche in questa occasione, al principio onde s'informa il nostro diritto nazionale. Tutte le altre popolazioni del Regno d'Italia furono chiamate prima o poi a questa solenne manifestazione, la quale non potè compiersi nel 1848 se non imperfettamente dai Veneti; vi furono chiamate, quantunque avessero in altra forma, la cui efficacia non si sarebbe potuta mettere in dubbio, espresso i loro voleri.
Non sembra pertanto al Governo di V.M. che ai Veneti si debba chiuder la via di entrare nella famiglia italiana al medesimo patto degli altri popoli della Penisola, e di proclamare anche una volta, nel modo più solenne e più indiscutibile, quella italianità, che nonostante lunghe e durissime prove confessarono sempre.
Ad una Nazione nuova, e che non raccolse ancora in uno tutte le sue membra, conviene più che alle altre di affermare in ogni modo ed in ogni occasione il diritto nuovo: il quale, siccome le fu argomento del suo primo costituirsi, così le sarà argomento di compiersi.
Per questi motivi i sottoscritti hanno l'onore di sottoporre alla augusta sanzione di V. M. il seguente decreto, cor quale i popoli ora liberati dalla soggezione straniera sono convocati nei Comizi per dichiarare la loro volontà di parte del Regno d'Italia.
Il numero 3236 ddla raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno contiene il seguente decreto:
VITTORIO EMANUELE II
per grazia di dio e per volontà della nazione
RE D'ITALlA
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri Ministro dell'Interno, e del Ministro Guardasigilli;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. I cittadini delle provincie italiane liberate dall'occupazione austriaca sono convocati nei comizi nei giorni 21 e 22 ottobre per dichiarare la loro volontà sulla formola seguente: «Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo monarchico-costituzionale del Re Vittorio Emanuele II e de' suoi successori.»
Il voto sarà espresso per sì o per no col mezzo di un bollettino manoscritto o stampato. Le schede portanti altre dichiarazioni sono nulle.
Art. 2. Contemporaneamente alla pubblicazione del presente decreto le Rappresentanze municipali delle suddette provincie indicheranno l'ora ed il luogo nel quale sarà aperto lo scrutinio; ecciteranno tutti i cittadini a rendere il loro voto, e daranno tutte le altre disposizioni convenienti perché la manifestazione del suffragio nazionale riesca libera e solenne.
Art. 3. Le Congregazioni municipali hanno facoltà di dividere il comune in quel numero di sezioni che crederanno opportuno.
Le stesse facoltà apparterranno alle Giunte municipali o Deputazioni comunali dei comuni divisi in frazioni o che contassero più di cinquecento votanti.
Art. 4. Le Rappresentanze municipali incaricheranno cinque probi elettori di presiedere il comizio del comune o di ciascuna delle sue sezioni.
Essi saranno scelti possibilmente fra i membri del Consiglio comunale, dove questo esiste; nomineranno nel proprio seno il presidente, e potranno farsi assistere da un segretario scelto fra i votanti.
Tre almeno dei membri del seggio così composto si troveranno sempre presenti alla votazione.
Art. 5. Nei giorni stabiliti per la votazione tutti gli Italiani delle dette provincie che hanno compiuti gli anni 21, sono domiciliati da sei mesi nel comune, e non subirono condanna per crimine, o per furto o truffa, si presentano per dare il loro voto.
Il suffragio è dato per schede a scrutinio segreto.
Art. 6. Ogni votante, dichiarando il proprio nome e cognome, consegnerà al presidente la propria scheda.
Ove sorga dubbio intorno alla sua ammissibilità all'esercizio del diritto di voto, il seggio, quando non basta la semplice notorietà, decide colla scorta dei registri anagrafici, facendone menzione nel verbale. Contro questa decisione non è ammesso reclamo.
Il presidente deponendo la scheda nell'urna farà notare da uno dei componenti il seggio o dal segretario, il nome del votante.
Art. 7. Alle ore cinque del giorno 21 l'urna sarà pubblicamente suggellata dai componenti il seggio, i quali sono responsabili della sua custodia e della integrità dei suggelli durante la notte.
Art. 8. In ambidue i giorni il presidente stenderà verbale dello scrutinio.
Art. 9. Chiuso lo scrutinio segreto del giorno 22 le urne suggellate ed i verbali redatti a termini dei precedenti articoli saranno, dal presidente e da due almeno dei membri del seggio accompagnati alla pretura nella cui giurisdizione è compreso il comune, e consegnati al pretore, il quale insieme con essi e pubblicamente fa lo spoglio dei voti, redigendone verbale.
Art. 10. Tutti gli Italiani delle provincie liberate che si trovassero, o per ragioni di pubblico servizio, o per qualsiasi altro motivo in qualunque parte del Regno, potranno presentarsi al pretore del mandamento nel quale dimorano, e dichiarare per iscritto la loro volontà sulla formola indicata nell'art. 1 del presente decreto.
Art. 11. I pretori che avessero operato lo spoglio della votazione o ricevute le dichiarazioni nei sensi dei due precedenti articoli, trasmetteranno immediatamente i verbali da loro firmati, che constatano il risultato della votazione, alla Presidenza del tribunale di appello di Venezia. Gli altri atti saranno conservati nell'archivio della pretura.
Art. 12. Nel giorno 27 di ottobre il Tribunale di appèllo di Venezia, radunato in seduta pubblica, eseguirà lo spoglio generale dei: risultati parziali, e lo trasmetterà immediatamente al Ministro dèlia giustizia.
Art. 13. Le funzioni demandate dal decreto alle preture saranno nelle città esercitate dalle preture urbane civili.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Torino, addì 7 ottobre 1866.
VITTORIO EMANUELE.
Ricasoli.
Borgatti.