Pagina:Riccardo Brogi, Il palio di Siena, 1894.djvu/50

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34 il palio di siena.

. . . . . . Castellana austera,
dagli alti merli in tant’oblio quieti,
. . . . . . che a tre valli impera,
desìo di sognatori e di poeti,1


nel suo vivere un po’ sonnacchioso e monotono appare come estinta e sepolta da secoli, dormiente il sonno profondo delle sue memorie, dal quale due volte all’anno nei giorni del suo Palio sembra riscuotersi, e come per arte d’incanti simulare i palpiti della vita di una volta per poi riaddormentarsi; come una di quelle eroine che il sortilegio di qualche mago assopiva su una prateria tutta fiori e che solo, a certe ore della notte, l’evocazione di un cavaliere fatato richiamava per poco alla vita antica.

Malgrado il Barzellotti non ne convenga2 con una cortese bugia ed un gentile complimento alla bella città, pure è così.

Il cavaliere fatato che ridesta la Siena dormiente è proprio il Palio che ha virtù di richiamarla alla vita di un tempo forse più glorioso, certo più poetico, delle gare delle sue Contrade che la dividono quasi in tante città rivali.


Già comincia il fermento. Sono i vesperi della festa.

  1. MarradiNuovi Canti. Epistola senese.
  2. BarzellottiStudi e ritratti