Pagina:Ricciarelli - Su e giù sulla piazza di Pescia, Cipriani, Pescia, 1913.djvu/42

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— Sicuro, legavano le vigne colle salsicce.

— E facevano buoni raccolti di zucchetti!

I veri codini a soffiaci a fondo rimpiangono sempre la memoria del passato: Si stava meglio quando si stava peggio! E con che affetto caloroso ricordano il 1849, perchè videro i tedeschi a Pescia. Di liberale non vi fu che l’erba ortica! Uno di quei soldati ebbe l’ardire di insultare quel fiorellino simbolico, ed ella si vendicò spingendosi oltre...

Quel trottolino esclamò: Accidenti! in questo felicissimo paese, star brigante anche l'erba!

— E altro: Cuocere queste ranacchielle...

— È un rospo! non soglio arrosto.

Il banco del lotto

Sibilla Cumana verga sulle foglie e gettami dalla tua caverna il responso di una vincita al lotto. Tre numeri sacrosanti, ti incorono Regina delle acque di Montecatini. Fu quella stessa Sibilla che andò a presentare a Tarquinio il superbo i libri poetici detti sibillini. Coperta di lungo velo e con passo sicuro si presentò al palazzo di Tarquinio e chiese di parlargli. Giunta al suo cospetto, gli mostrò nove manoscritti dicendo: Principe, io voglio 100 monete d’oro per questi manoscritti che contengono i destini di Roma. Tarquinio sorridendo non si degnò di rispondere; ma la Sibilla senza sconcertarsi, ne gettò tre alle fiamme e ripetè la stessa dimanda per i suoi manoscritti. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella ne bruciò altri tre offrendogli il rimanente al solito prezzo. Tarquinio meravigliato, consultò allora i grandi della