Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/128

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la quale altissima si libra sull’ali in larghe spire, il calpestio ed il muggito dei tori selvatici, aria, tinte, forme delle cose, e degli elementi, davano propriamente un’idea di un mondo deserto, e primitivo.

III.

Il 28 giugno il pittore ed io movemmo lungo questa spiaggia, per recarsi ad Astura alla distanza di circa tre ore. Il mattino era di una limpidezza straordinaria, il mare tranquillissimo, di una tinta rosea la quale illuminava il capo omerico di Circe, che dava alla spiaggia un aspetto tutto classico. Passando a Nettunno vi comprammo vino e pane, e proseguimmo la nostra strada. Ci fermammo a fare colazione su di un antico tronco d’albero, presso un mucchio enorme di carbone, provando piacere uguale a quello di Ulisse, quando sedette al banchetto apprestatogli da Circe nel suo palazzo. Ed era propriamente una voluttà gustare un buon sorso di vino in quella tranquillità profonda, alla vista di quella spiaggia omerica, dell’azzurro di quel mare tinto in rosa all’orizzonte.

Fino a quel punto tutto era andato per il meglio, se non chè cominciammo essere preoccupati da un certo timore, trovandoci giunti al punto in cui le foreste scendono quasi fino al mare. Non erano già i banditi che ci davano pensiero, ma bensì le mandre dei tori e dei buffali, i quali vagano colà in tutta libertà, senza essere punto guardate dai pastori. Tutta quanta la spiaggia fino a Terracina è popolata di mandre numerose di tori, di buoi, di vacche, dalle corna lunghissime, di quella forma tutta classica quali si vedono vivi nella campagna di Roma, e scolpiti sulle metopi del Partenone, attorno all’ara del sacrificio. Si vedono in tutte le case dell’Italia Meridionale di tali corna, le quali vi si tengono quali amuleti contro il Molocchio, ossia il cattivo sguardo; e le portano ridotto in piccolo i principi alla catenella dell’orologio, ed