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una volta tutte le artiglierie, s’innalza ancora una piccola girandola di razzi; un ultimo colpo di cannone, e tutto è finito.

Ma come è mai possibile far ritorno a casa, rinchiudersi in una stanza oscura e malinconica, nel mentre la luna nel suo pieno splende in questo cielo trasparente, ed illumina della magica sua luce queste moli gigantesche della città eterna!

È d’uopo girare per Roma al chiarore della luna, evocando i morti; non tardano a sorgere dalle loro tombe tutti, imperatori e re, guerrieri e poeti, papi e tribuni, cardinali e nobili del medio evo, non tardano a dar vita a tutte queste rovine.

Saliamo al palazzo dei Cesari, i cui ruderi giganteschi, colonne, archi, mura, sorgono dai cespugli. Abbiamo sotto i nostri piedi illuminato magicamente dalla luna, il colosseo, simbolo della storia grandiosa della Roma imperiale, quasi gigantesca conca di granito, nella quale pare abbia questa Roma radunato tutto il sangue della storia universale; a fianco di esso sorge l’arco di Costantino, limite di separazione fra il mondo pagano ed il Cristianesimo; più in là l’arco di trionfo di Tito, limite di separazione fra il Giudaismo ed il Cristianesimo; dovunque si spinga lo sguardo, s’imbatte in rovine della storia, e tutto è silenzioso, tutto tace. Nelle rovine del palazzo dei Cesari, non si ode che il grido della upupa. Quanti avvenimenti si avvicendarono in questi luoghi! Quante persone si aggirano in queste sale imperiali! Augusto, Tiberio, Caligola, Nerone, Tito, Domiziano, gli Antonini, Eliogabalo, gli Dei della terra, e suoi demoni. Qui regnarono tutte le passioni; virtù, vizi, generosità, follia, saviezza, malizia infernale; qui si provarono tutti i sentimenti a cui può dar ricetto cuore umano. Qui il mondo fu governato, torturato, sciupato, giuocato in una notte. Qui regnarono persone di ogni età, e di ogni sesso; vecchi e donne; uomini e ragazzi; schiavi ed eunuchi; qui, tutti dettarono leggi. Ora tutto è morto, tutto è silenzioso, quando non

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. I. 13