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I cronisti vanno d’accordo nel far risalire al secolo Xl il potere feudale dell’abbazia, nel tempo appunto in cui il reggimento feudale si andava stabilendo ed allargando in tutti i paesi. L’importanza di Subiaco era diventata tale, che possenti baroni della campagna facevano donazione a S. Benedetto di castella, e di possessioni; e fra gli altri Rainaldo conte di Marsi donava Arsoli, Anticoli, e Roviano ai monaci, i quali riducevano altre castella alla loro giurisdizione. Se non chè era strano che non fossero riusciti a ridurre in loro podestà Subiaco stesso, dove avevano sede fin dai tempi più remoti, e dove erano venuti crescendo in possanza.

Nella corte del monastero di S. Scolastica, esiste una lapida infissa nel muro presso la porta della chiesa, in cui si può leggere una preziosa iscrizione del 1052, anno quarto del pontificato di Leone IX, dicente che il degno abate Uberto, fece costrurre il campanile del monastero, in onore di Cristo, di Benedetto suo confessore, e di Scolastica sorella di questi: in quella iscrizione sono annoverate tutte le possessioni della badia a quell’epoca, la grotta di S. Benedetto per la prima, i due laghi che in allora tuttora esistevano; il fiume Anio co’ suoi molini, e coi diritti di pesca; e per ultimo ventiquattro castelli, o villaggi nella valle dell’Anio, e fra questi Subiaco non figura. Sembra come narra uno storico dell’abbazia, che Subiaco sia venuto soltanto in podestà di questa dopo che l’abate Giovanni V vi ebbe fatta costrurre la rocca ed il castello nell’anno 1068. Questo castello, diventato palazzo abbaziale, sussiste tuttora oggidì, e sebbene mutato di aspetto, torreggia tuttora imponente ed ardito in cima al monte piramidale, sulle cui pendici giace la città odierna.

Pare che vero e reale fondatore del dominio temporale di Subiaco, sia stato Giovanni V cardinale diacono di S. Maria in Dominica a Roma, abate straordinariamente intraprendente e battagliero. Regnò per il corso di ben cinquantanove anni quale principe temporale, combattè guerre fortunate con tutti i baroni dei dintorni, e dopo di