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nuità di imaginazione popolare, quale traspare pure dalle cronache di quei tempi. A diritta ed a sinistra sono rappresentati con gran numero di figure, fatti della vita di Gesù Cristo, fra i quali la sua entrata in Gerusalemme, composizione ricca di figure, la sua passione, ed i fatti avvenuti dopo la di lui morte. Sono queste pitture in gran parte annerite dal tempo, ma per buona sorte non vennero manomesse da ristauri intelligenti, siccome avenne ad altre pitture, le quali si riferiscono a fatti della vita di S. Benedetto. Una fra queste lo rappresenta nell’atto che si sta rotolando fra le spine, per cacciare dalla sua fantasia l’imagine di una bella ragazza di Roma, in un’altra lo si vede occupato nella sua caverna a scrivere la regola del suo ordine, e sotto vi si legge il seguente antico tetrastico, in versi leonini.

Hic mons est pinguis multis clarui signis
A Domino missus sanctus fuit Benedictus
Mansit in cripta fuit hic nova regula scripta
Quisquis amas Christum tale sortire magistrum.

Termina questa prima chiesa in una piccola tribuna, formata dalla nuda cavità dello scoglio, e dove termina la navata della chiesa, sorgono tre archi acuti, sustenuti da graziose colonne, nelle cui lunette sono dipinte le imagini dei genitori di Benedetto, Probo ed Abbondanzia. Stanno al di là un piccolo altare, ed il tabernacolo, unici lavori di genere alessandrino che io abbia visto nel monastero, in cui gli ornamenti non vennero tolti dalla scoltura, ma unicamente dalla pittura, in contraddizione di quanto si osserva in tutti i lavori di quell’epoca.

Per mezzo di una serie di piccole cappelle, si penetra sempre più nell’interno; desse formano una breve ed angusta galleria, uguale alla navata della chiesa; ed anche ivi, tutte le pareti sono ricoperte di pitture, ma disgraziatamente furono ristaurate in così mal modo da poco tempo, che hanno perduto pressochè ogni pregio. Rappresentano figure isolate, o piccole composizioni. Vi si vede