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sentenza a Napoleone, dopo avere visto finire in modo orribile i grandi della terra, gl’imperatori Tiberio, Caligola, Claudio, Cesare Germanico, dopo essere stato per ben otto anni esiliato in Corsica, e dopo avere potuto per propria esperienza conoscere la natura ed il modo con cui hanno termine le umane grandezze.

Intanto Napoleone salpò dall’isola, inoservato dalla corvetta inglese la quale stava a Livorno. Il mare era diventato tranquillo. Si sperava arrivare prima dell’alba sopra Capraia, se non che il vento cessò, e si stette la giornata ancora in vista dell’isola. Verso le quattro pomeridiane si era all’altura di Livorno, e tosto si viddero prima due fregate, poi un legno da guerra francese, il Zefiro, che si venivano accostando.

Le truppe volevano andare all’albordaggio, ma Napoleone diede loro ordine di nascondersi sotto il ponte. Il Zefiro domandò al legno che cosa vi fosse di nuovo all’Elba, e Napoleone stesso, imboccato il portavoce, rispose: «L’imperatore sta benissimo.» Per tal guisa venne scansato felicemente il pericolo.

Napoleone aveva scritto, prima ancora d’imbarcarsi, due manifesti diretti l’uno all’esercito, l’altro al popolo in Francia, ma non essendo possibile decifrarli li gettò in mare, e ne dettò due altri. Tutti coloro a bordo che sapevano scrivere scrivevano; si scriveva sui tamburi, sulle pile di granate, su tutti i banchi. Dovette essere uno spettacolo originale in quel momento quello dello Inconstant, che tale era il nome del legno che portava l’imperatore, e può soggiungersi ancora della sua sorte.

Le proclamazioni sono le due in data del 1.° marzo 1815, dal golfo Juan, che si leggono in tutte le storie di Napoleone, e che per tanto si possono qui ommettere.

Lo spirito tutto soldatesco dell’epoca, nella quale l’esercito aveva la precedenza sopra il popolo, il generale sopra il sovrano, compare per l’ultima volta in tutta la sua ruvidezza in quei manifesti. Chi potrebbe ora leggere senza provare senso ingrato tutta quella fraseologia soldatesca e