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Ai tempi nostri il côrso Luigi Bonaparte, con due soli compagni, giungeva a Strasborgo per conquistarvi un regno di trentacinque milioni di abitanti, ed il tentativo essendogli fallito, lo rinnovava con soli due compagni ancora a Boulogne. La storia ha il dovere di considerare questi tentativi arrischiatissimi, quali abili preludi dell’uomo, il quale riusciva realmente dopo a diventare imperatore dei Francesi. Prima però di dirlo fortunato, converrà aspettare e vedere il suo fine.

Rapidamente, disse Senaca, rovinano le cose predestinate a rovina. Rapido fu il cammino di Napoleone dal golfo Juan a Waterloo, ed a S. Elena. Il 2 marzo era a Cerenon, il 3 in Barêine, il 4 in Digne, il 5 in Gap, il 7 marzo a Lione, il 14 a Chalons ed il 20 marzo alle nove di sera giungeva a Parigi. Il primo giugno al campo di maggio, politicamente parlando, era di già un uomo rovinato. Il 18 giugno cadeva a Waterloo, il 21 giugno rientrava fuggitivo a Parigi, ed il 22 dettava: Ma vie politique est terminée, et je proclame mon fils sous le titre de Napoléon II empereur des Francais.»

Il 15 luglio saliva a bordo del Bellefronte, il 7 agosto del Northumberland. Il 16 ottobre l’eroe infelice sbarcava a S. Elena.

Colà — è l’ultima scena della storia di quest’uomo meraviglioso — in quella lontana isola d’Africa, giace tranquillo e pallido sul suo letto di morte, esalata la sua grand’anima, ricoperto del pastrano bigio di Marengo; a suoi piedi sta il busto marmoreo di suo figliuolo il re di Roma; inginocchiati a fianco del suo letticiuolo singhiozzano Bertrand, Antommarchi, suoi fedeli amici, e suoi domestici. Il sole s’immerge in mare. Il sacerdote che diede all’imperatore la estrema unzione innalza le braccia ed esclama «Sic transit gloria mundi.»

Napoleone gettò in S. Elena uno sguardo sulle sue gesta, sulla sua influenza, componendo alla sua carriera una iscrizione monumentale nelle solenni parole seguenti.

«Io ho chiuso l’abisso della anarchia, riordinato il caos,

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. I. 3