Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/415

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condato da folte piante, le cui acque illuminate dai raggi del sole spiendono come ore. Regna su quello una tranquillità profonda, un silenzio di morte; che si trova colà potrebbe credersi segregato dal resto del mondo; non scorge che gli uccelli marini che svolazzavano di continuo, od il pescatore, che travagliato e consunto dalla febbre, ritira dalla fina sua barchetta le reti, ovvero un povero diavolo mezzo nudo, che va pescando le sanguisughe. Sono la torre, ed il lago di Fogliano; Clostra Romana ne’ tempi antichi dove Lucullo educava le murene, e possedeva una stupenda villa. Il Ninfeo, quel limpido rivo che vediamo uscira dalla verde cerchia, si versa nel lago di Fogliano, e possiamo seguire tutto quanto il suo corso, a traverso le paludi pontine. Vicino a quello si scorgono il lago dei Monaci, il lago di Crapolace, e più in là presso il capo torreggiante di Circe, il lago più ampio di tutti, quello di Paola.

III.

Chi non ha attraversato le paludi pontine, recandosi a Terracina per la stupenda strada della Linea Pia, non può avere una giusta idea della loro natura, ritenendole unicamente putride e nauseabonde maremme. Vi sono per verità paludi e stagni in quantità bastante, ma nascosti e quasi perduti fra boschi stupendi, e folti cespugli, popolati di cignali, di cervi, di porci selvatici, di buffali, di tori mezzo selvaggi. Nei mesi di maggio e di giugno, le paludi pontine sono un vero mare di fiori, che rallegra la vista per quanto si può stendare su quella vasta pianura. Ma nella state è un Tartaro, dove regna ed infierisce la febbre, la quale decima i poveri pastori e braccianti, che in quelle locatità pestifere, vanno guadagnando miseramente il loro pane.

I boschi sono tanto più frequenti, quando più si scende al mare, e da Norba si vedevano distintamente fino al capo di Circe. Si seguono dalle foce del Tevere, da Ostia, ad