Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/491

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Vi eresse una stupenda cappella, o piuttosto chiesa gotica, di gran lunga superiore per ampiezza e per bellezza architettonica alla cappella Sistina nel Vaticano. La ornò, come del pari varie stanze del castello, di buone pitture a fresco, per opera di maestri chiamati d’Italia. Tutte queste pitture vennero distrutte; la cappella divisa in due piani, ed in varie camere, venne ridotta ad uso di caserma, e si vedono con dolore gli archi gotici incassati nei muri, ed avanzi di pregevoli affreschi, i quali sono fuori di dubbio della scuola di Giotto.

Clemente VI morì il 6 dicembre 1352 dopo oltre dieci anni di pontificato, durante i quali succedettero avvenimenri notevolissimi, e dopo avere vissuta vita piacevole e splendida. Aveva radunato in Avignone il fiore della Francia meridionale, ed introdotto il lusso alla sua corte; nelle sale del suo palazzo gremite di belle dame, di cavalieri, di poeti, di artisti, di dotti, le feste succedevano alle feste, ed era stato largo a suoi nipoti a suoi favoriti, delle dignità della Chiesa, e dei tesori accumulati dall’avarizia di suo predecessore. Fu il Papa il più spiritoso di quanti ebbero stanza in Avignone, ed il cupo castello di questo si può paragonare in quell’epoca al Vaticano nei tempi di Sisto IV, di Giulio II, e di Leone X.

Tre papi abitarono ancora dopo di lui la Francia; l’ultimo di questi pose fine all’inopportuno esilio, riportando la sede del somino pontificato nella città eterna.

Innocenzo VI, Stefano di Albret, nativo di Maumont presso Limoges, però di famiglia diversa del suo predecessore, fa il contrasto preciso di Clemente VI. Proscrisse ogni lusso dalla corte di Avignone, rimandò a Roma Cola di Rienzo, facendolo accompagnare, in qualità di suo legato dal Cardinale Egidio Alvarez Albornoz, uno degli uomini di stato e dei capitani più distinti che abbia avuto la Chiesa, il quale riuscì a riconquistare al patrimonio di S. Pietro le provincie perdute, meglio di quanto non abbia saputo fare a giorni nostri il generale Lamoriciére. Roma stessa piegò davanti a quell’energico Spagnuolo, e