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ai suoi servigi il musssulmanno Apolofar, con un certo numero di Cretesi; questi Arabi presero liberamente stanza in Salerno, fabbricarono case nei dintorni, e vi si stabilirono.

Allorquando nell’anno 871 Radelchi e Siconulfo fecero la pace, dividendosi gli stati di Salerno e di Benevento, stabilirono per espressa condizione che non si dovesse permettere più agli Arabi il soggiorno sulla costa fra Amalfi e Salerno, ma ad onta di ciò, molti continuarono a rimanervi, facendovisi battezzare; dessi avevano dato a quelle località un’impronta tutta moresca, la quale non si è più cancellata. Altri poi ne vennero dalla Sicilia, in guisa che nel corso del secolo IX tutte quante le Calabrie trovavansi in pericolo di diventare mussulmane, che in Bari regnava un sultano, che Taranto cadde nelle loro mani, e che minacciavano Roma stessa, dove i Saraceni sorpresero e saccheggiarono le chiese di S. Pietro e di S. Paolo, mentre Napoli durò costantemente seco loro in buone relazioni, ad onta degli sforzi dell’imperatore Ludovico II.

Si stabilirono di bel nuovo in Cetara nell’anno 880; la republica di Napoli loro assegnò alcune terre sulle sponde del Sebeto; presero stanza pure alle falde del Vesuvio, nei dintorni classici di Pompei, non che sul Garigliano, di dove muovevano a fare scorrerie in tutta quanta la Campania. Fondarono parimenti la loro colonia di Agropoli, nelle vicinanze di Pesto.

Si ritirarono più di una volta da queste contrade, ai tempi della signoria dei Normanni. Parecchi abbracciarono il Cristianesimo, altri rimasero al servizio di Ruggero, portando nella bella provincia di Salerno le costumanze e la civiltà orientale. Il nome stesso sonoro di Cetara, sembra essere di origine orientale.

Il sole intanto si era fatto ardentissimo, sulle nude roccie dove camminavano spediti; ed eravamo tuttora a buona distanza da Amalfi. L’aspetto della riviera si faceva sempre più bello. Sorgevano al nostro fianco monti altissimi, le cui cime si perdevano nelle nubi; la loro tinta oscura sotto

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. II. 14