Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/694

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tre quella del conte Casale, che può dirsi un piccolo paradiso. Non ho visto mai un giardino di tanta vaga bellezza. Trovasi divisa in due parti riunite da una galleria coperta, dell’altezza di circa sette piedi. In fondo trovasi una sala alta cento otto palmi, lunga altrettanto, della larghezza sessantadue palmi. Le pareti sono di una tinta rosea, quasi fossero rischiarate dai raggi del sole nascente, e dall’ingresso si vede il bellissimo giardino. Scorgonsi nelle pareti parecchi buchi, i quali salgono in alto in linea curva: probabilmente trovavansi infissi colà uncini di ferro, per servire quasi di scala agli schiavi i quali scavavano le pietre. La pianta della sala è abbastanza regolare, e si scorge che fu scavata originariamente in quella forma, ed ivi pure sorgono tuttora in cima ad una parte, gli avanzi di una torre di guardia. I terremoti rovinarono parecchie sale di questa latomia, ed ancora nel 1853 rovinarono dall’alto vari massi, che ingombrarono dei loro rottami parte del giardino. Ma tutto lo spazio libero di questo, trovasi ammirabile per splendida vegetazione. Le foglie delle piante di fico vi sono di una larghezza tale, che potrebbero servire di piatti. Vedonsi colà piante e fiori dell’Indie, che non ho mai visti altrove, ed ai quali non saprei dare nome. Le palme contornate di pianticelle rampicanti vi crescono rigogliosissime; l’aria vi è impregnata del profumo degli aranci, del mirto, e gli aloe, gli agave, crescono giganti contro le pareti. Tutto quel giardino, colle sue mura rivestite d’edera, e di muschio, con tutti i suoi corridoi, colle sue rovine, colla ricca e svariata sua vegetazione, porge un aspetto cotanto fantatico, che lo si potrebbe ritenere per il giardino di Titania e di Oberone. Non un soffio di vento, non un atomo di polvere turba la tranquillità di quel recinto, nel quale mitologicamente si potrebbe dire, abbiano le ore imprigionato il sole.

Presso all’orecchio di Dionigi trovansi tuttora gli avanzi notevoli del teatro di Siracusa, uno dei più vasti dell’antichità, e che Cicerone pure dice maximum. Serra di Falco