Pagina:Rime (Andreini).djvu/149

Da Wikisource.

137

All’Illustriss. & Reverendiss. Sig.

CARDINAL S∙GIORGIO

CINTHIO ALDOBRANDINI.


SONETTO CXIX.


C
Hi Delio ’l chiama, e chi nomarlo suole

Pastor d’Anfriso, chi dator del giorno,
     Chi de gli orbi celesti il lume adorno,
     E pur sempre è l’istesso amico Sole;
E se nube talhor contraria vuole
     Far à’ bei raggi temerario scorno
     Ei disgombrando il tetro horrore intorno
     Mostra pur sue bellezze altere, e sole;
Così ’l nome cangiar non gli contende
     La propria forma, nè mirar si toglie
     Suo lume ancorche da le nubi oppresso.
Dunque benche tù muti, e nome, e spoglie
     O mio Cinthio, ò mio Sol pur se’ l’istesso,
     E tua chiara virtute à noi risplende.


SONETTO CXX.


S’
Alhor, che fatta esca infelice i’ arsi

Miseramente, havessi i lumi intesi
     A i vostri dolci sguardi occhi cortesi
     A qual gioia potèa mia speme alzarsi?
Ditelo voi, che d’eloquenza sparsi
     Portate i raggi in divin foco accesi;
     Voi, che fate in amor l’opre palesi,
     Ond’altri amando può beàto farsi.
Sol io dirò, che ’l primo incendio à vile
     Havuto havrebbe il cor, se dato m’era
     Luci d’arder per voi ne’ miei prim’anni.


Ah