Pagina:Rime (Andreini).djvu/265

Da Wikisource.

253

     Dicea privo di speme
     In un languido suon queste parole.
     A le cui meste voci
     S’udian sovente risuonar le selve.
Amata quanto bella,
     Ma fugace Nigella
     Non selva, Monte, ò Valle
     Hebbe Leon giamai, Cinghiale, od orso
     Sì spietato, sì rigido, ò sì fiero
     Come rigida, fiera, e dispietata
     Se’ tù Nigella ingrata;
     Che da gli huomini fuggi
     Per seguitar le belve.
     Ma se con tanta tua fatica, e rischio
     Le fere vai seguendo
     Per farne preda, lascia,
     Lascia homai di seguirle,
     Ch’io già tua preda sono.
     Ma come preda son se mi rifiuti?
     Scemar potess’io almeno
     I miei penosi affanni;
     O volesse fortuna,
     Che tu Ninfa crudele
     Gli conoscessi in parte.
     Ma nè scemar i miei martiri io spero,
     Nè sperar posso ancora,
     Che tù mai gli conosca
     Non c’haverne pietade;
     Che chi non prova amore,
     In altrui men non lo conosce, ò crede.
     Dunque ben fù mia stella
     Misero amante, ch’à l’incendio solo


Nascessi