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Dunque vivrò ne’ dolci miei martiri,
     E ’l cor, che dolcemente fù piagato
     Per morte ancor non fia da te diviso.


SONETTO XLVIII.


D
I beltà, di vertù se’ Clori mia

Adorna sì. ma vaga à noi risplendi
     Con altrui doti. ah che s’altrui le rendi
     Non hai di tuo, che ferità natìa.
Il riso, il moto altier, la leggiadria
     Rendi à le Grazie; il foco, onde m’incendi
     Ad Amor, al Sol l’oro, onde mi prendi,
     E de gli accenti il suon rendi à Talìa;
Gli occhi à le stelle, e de l’amato volto
     Le fresche rose, e i gigli à Primavera,
     Ed à Ciprigna il bel, le perle al Mare;
Le parole à Mercurio e dolci, e care,
     Ed à me rendi ’l cor, che tu m’hai tolto,
     E resta à voglia tua crudele, e fiera.


MADR. XVIII.


O
Lagrime, ch’ad arte

Hò tante volte sparte in questo Rìo,
     Lagrime in cui s’asconde il foco, ond’io
     Mi struggo à parte, à parte
     Quando talhor bagnate
     Le delicate membra
     Di colei, che del Ciel Diva rassembra
     Dite lagrime ingrate
     Perche de l’amor mio non l’infiammate?


MAD.