Pagina:Rime (Andreini).djvu/96

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Questo con le bell’ali à voi m’invìa
     O chiaro essempio di sovran valore;
     E vuol, c’huom legga in quel, ch’appar di fuore,
     Che vostra fece Amor l’anima mia.
Nè girar d’anni, ò variàr di loco
     La vi torran; sì dolce atto cortese
     Vostra rara virtù nel cor m’ha ’mpressa.
Che più? nel cener mio fia desto il foco,
     Perche l’alta cagion, che ’n me l’accese
     Dopo la morte ancor sarà l’istessa.


Al Christianiss. Rè di Francia

HENRICO QUARTO.


SONETTO LXXVII.


E
Cinta sì dal ferro empio, e nemico

La bella Francia; ma veder già parme
     Fatto maggiore al gran vibrar de l’arme
     Di lei sì cara al Cielo il pregio antico;
Ond’io piena d’ardir già m’affatico
     Per accordar questo mio basso carme
     Di Marte al suon, che non può spaventarme
     Sì, ch’io non canti il mio famoso Henrico.
Henrico il saggio, e sol d’Impero degno,
     L’opre di cui non men giuste, che forti
     Fanno immortal lui stesso, e ’l suo bel Regno.
Quel di cui sol la Fama hoggi ragiona;
     Nè sa veder s’ei meglio stringa, ò porti
     Lo scettro, ò ’l brando, l’elmo, ò la Corona.


Alla