Pagina:Rime (Cavalcanti).djvu/130

Da Wikisource.

— 116 —

     sì, che la veggia lo ’ntelletto nostro.
     Tant’è gentil che, quand’io penso bene,
     20l’anima sento per lo cor tremare,
     sì come quella che non può durare
     davante al gran valore ch’io le mostro.1
     Per li occhi fere la sua claritate
     sì, che quale mi vede
     25dice: — non guardi tu? quest’è pietate,
     ch’è posta invece di persona morta
     per dimandar mercede,
     e non se n’è madonna ancòra accorta. —

Quando ’l penser mi ven, ch’io voglia dire
     30a gentil core de la sua vertute,
     i’ trovo me di sì poca salute
     ch’io non ardisco di star nel pensero.
     Ch’amor, ch’à le bellezze sue vedute,2
     mi sbigottisce sì, che sofferire
     35non può lo cor, sentendola venire;
     chè sospirando dice: — io ti dispero;
     però che trasse del suo dolce riso
     una saetta aguta,
     ch’à passato ’l tuo core e ’l mio diviso.
     40Tu sai quando venisti ch’io ti dissi:3
     — poi che l’avei veduta,
     per forza convenia che tu morissi. —

Canzon, tu sai che de’ libri d’amore
     io t’asemplai quando madonna vidi:
     45ora ti piaccia ch’i’ di te mi fidi,
     e vadi ’n guisa a lei ch’ella t’ascolti.
     E prego umilemente a lei tu guidi

  1. Accetto questa versione di Mart per il senso generale: «Quando io penso bene, sento che l’anima trema, poichè essa non può resistere al grande valore ch’io le mostro con il pensiero».
  2. Ca manca di «ch» iniziale del verso: ommette talvolta la prima sillaba come al v. 46.
  3. Essendo Mart mancante per misura devesi accettare la lezione di Ca, che anche corrisponde meglio al senso dell’intera strofa.