Pagina:Rime (Cavalcanti).djvu/137

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Canzone.


     Donna mi1 prega perch’io voglio2 dire
d’un accidente che sovente è fero
ed è sì altero - ch’è chiamato amore.
Sì chi lo nega possa ’l ver sentire.
5Ed, a presente3, canoscente chero,
perch’io no spero - ch’om di basso core
a tal ragione porti canoscenza:
che senza - natural dimostramento
non ò talento - di voler provare
10là ove4 posa e chi lo fa creare5,
e qual è sua vertute e sua potenza,

  1. me, eo di Ca sembrano tendenze speciali di questo codice e sono forme estranee a la vulgata toscana (Caix) Eo è forma antiquata de’ tempi di Guittone, ristabilita più tardi nell’uso dei copisti. In Vd e tonico o secondario esce quasi sempre in i.
  2. vollia: Mart mentre in Ba: voglio. L’uso del cong. per l’ind. appare come facile modificazione di una uscita poco comune e che poteva sembrare sgrammaticata. L’uso del doppio l è grafia molto arcaica, prossima a la metà del dugento, specie nel Pal. 418. Il non trovarla mai in Vd porta ad escluderla, poichè sembra anche una specialità di Mart. es: dollia, battallia etc.
  3. Così esce dal confronto di Ca - ed al - Cap1 - ed a - Mart. - ond a ossia dall’unione degli avversi Cap1, Mart, in quella forma non comune a: escludendo l’ond di Mart. che appare correzione nel commento di frate Egidio (Pasqualigo, op. cit.).
  4. Mart. - la ove si: correzione per l’apparente mancanza metrica: lo prova Ba con la ove. Così per evitare l’iato Ca - la dove. Le forme: la ove, là ve sono le più comuni in questa età. (Vedi Caix e Vd) e ben è facile, una sostituzione di dove per la ve.
  5. Mart: criare. È questa una tendenza speciale all’iotazione in questo codice: esempio: baillia, dichi, chieggia, ricomando, troverite, onniora, dimandare, sbiguttiscie, ecc.