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è dell’anno 1283, perchè è risposta al sogno di Dante e segna il sorgere dell’amicizia fra i due poeti. Più tardo è certamente il sonetto pur di risposta:
S’io fossi quelli che d’amor fu degno.....
in cui il poeta parla di sè più che dell’amico: l’imagine dell’arciere che ha fatto giocondamente segno di lui, si ripete nel sonetto:
O tu che porti negli occhi sovente.....
che invece deve riportarsi ad epoca più tarda.
Un sonetto che si può senza esitazione riportare ad anni più tardi è quello a Nerone Cavalcanti, poichè Guido cominciò la sua vita pubblica nel 1284 e l’odio non doveva scaturire sì presto da l’animo del marito della figlia di Farinata: si deve anzi riportarlo dopo gli Ordinamenti di Giustizia, perchè l’odio si manifestò al formarsi dei partiti de’ Bianchi e de’ Neri ed i Buondelmonti furono dei Neri. Pure a più tardi deve riportarsi il sonetto:
Una giovane donna di Tolosa.....
e la ballata:
Era in pensier d’amor quand’io trovai.....
perchè si riferiscono al viaggio in Provenza, che per l’agguato di Corso Donati avveniva, secondo Dino Compagni, durante le inimicizie dopo il 1292. A questo amore già tardo per la Tolosana Mandetta si unisce il sonetto:
O tu che porti ne gli occhi sovente.....
Ancor più tardo è il sonetto:
Noi sian le triste penne isbigotite.....
che rivela quell’arrestarsi del poeta a le cose reali, che facilmente si riscontra nota speciale dell’ultima epoca e più realista dell’arte sua. Le parole "scritte dolorosamente„ ed inviate e tutta la intonazione del sonetto ci conducono a gli estremi dolori di Guido sul declinare della vita.
In questa ultima età non è più l’esame entusiastico dei fascini muliebri nel cuore innamorato, ma l’esame pietoso del dolore e l’invio di questo dolore a la donna, speranza ultima e prima dell’anima sua.
Poco dopo la morte di Beatrice fu senza dubbio scritto il sonetto di rimprovero a Dante: forse anche un po’ più tardi, ammettendo che Guido rimprove-