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XXX.
Noi semo in un cammino, e dovem gire
in uno loco, amico, di ragione,
ciò è al ben, che que' che ne formone,
se no 'l perdem per lo nostro fallire,
n'ave promesso: ma non può salire
soperbia né rigoglio in tal magione;
ma 'l core umiliato ogne stagione,
e la vertù per ch'uom vi può salire.
Similemente dico in questa vita:
chè vizio tengo lo badar sì alto,
ch'è quando si conosce che n'abbi' onta;
ma quegli è saggio, che nel grado monta
mezzanamente, né mai non fa salto,
che disinor gli torni a la finita.
XXXI.
Grazie ti rendo, amico, a mio podere
de la tua saggia e dritta conoscenza,
dove ti fa venire il buon volere,
che ànno quei cui dirittura agenza; 1
che no gli lascia iscorrer né cadere
in quello loco ove non à guirenza; 2
ma gli dirizza sì che con piacere
vengnon tuttor gioiosi a la sentenza,
non temendo neun, checché si dica,
però che ànno di quella vertute
la compagnia, ched è senza fatica.
E poi la prendi, amico, avrai salute
la dritta via, che gientil cor notrica
e tutte cose manche fa compiute.