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ANNO VII- — N- 7
SI PUBBLICA DUE VOLTE AL MESE
(I manoscritti non si restituiscono)
8 APRILE 1877
LETTERA ZOOLOGICA
AD UNA SIGNORA
«Mi chiedesti o bella oppressa, Una nota del mio canto. «Prati.
Eccovi, o signora, sacerdotessa di Manéton.
Permettetemi che io prima di tutti vi dia il mirallegro, e che mi prostri per un buon quarto d’ora colla barba nella polvere innanzi all’onnipotenza di quell’antica divinità selvaggia.
Se fossi poeta vorrei versare sulla vostra persona a mo’ di mistico lavacro quell’onda sublime, vorrei rivestirvi di quella luminosa nube di rispetto che fecero riverire e quasi adorare le sacerdotesse delle religioni antiche. Ad onta mia, devo dirvi che non sono poeta: incominciai, quando era scolare, un poema latino sulla fondazione di Roma, ma era opera di troppo gran peso.... di vocabolari, e non ebbi agio di fare altro che l’introduzione, con un’invocazione a Minerva, sublime di dieci errori di grammatica.
In prosa non m’è lecito appigliarmi ai paragoni; le Vestali stesse, benedette loro, non servirebbero al mio bisogno. Non state a fulminarmi d’una terribile occhiata di sotto quelle vostre nere sopracciglia cosi soavemente belle. Il vostro dio novello è mansueto, pietoso grande all’infinito, immenso nelle cose piccole, immenso nelle grandi. La religione sua antichissima non è che una forma del culto della natura creatrice. È un riflesso di quella grande, molteplice, universale potenza che fu ed è riverita da tutti i popoli con vari nomi, sotto varie immagini, con vari riti, or