Vai al contenuto

Pagina:Rivista d'Italia, Anno VI, Fasc. VI.djvu/52

Da Wikisource.
930 il passo


in quel momento qualche cosa di strano, come un sogno misterioso di felicità, aleggiasse intorno al povero focolare. Ella ringraziò con una certa effusione, e vi fu un lungo, piacevole silenzio.

Poi la giovane chiese con un certo impeto, con la voce un po’ alterata:

— E questi confetti, quando li vediamo, Gilio?

— Non penso a prender moglie.

— Non dicevi poc’anzi che sei così solo?

— È vero, ma ho da lavorare e il lavoro mi distrae... e poi, non conosco nessuna ragazza che mi piaccia.

— Nessuna ragazza t’è piaciuta mai?

Gilio esitò un momento, poi rispose, con risolutezza:

— Forse... una volta. Ma allora ero povero e non potevo offrirle che l’opera delle mie braccia. Non mi sono palesato.

Quando la fortuna m’ha arriso era troppo tardi...

E il suo sguardo si posò un po’ più a lungo sovra di lei.

— Perchè non cerchi altrove? — continuò Giovanna, studiandosi di soffocare l’emozione violenta e pur deliziosa che l’aveva presa.

— Non ne ho voglia, Giovanna.

Le ore suonarono sul campanile. Annottava, il fuoco s’era spento, ma dalla buca colma di brace veniva ancora un lieve chiarore rossastro: l’intimità della piccola cucina sembrò farsi più dolce nella penombra.

Giovanna accese una lucernetta a petrolio, delle fiammella color di rosa parvero riaccendersi sui pochi rami che pendevano dalle pareti.

— Sono le cinque — diss’ella — e non ci si vede già più come sono brevi le giornate!

Il giovine comprese, s’alzò.

— Vado — diss’egli — vado subito.

— Aspetta che ti dia il paniere e... grazie del tuo buon cuore. Ma... non ritornare, Gilio. Ho il marito lontano.

L’Argenti stavolta la guardò intensamente negli occhi, ella abbassò le lunghe ciglia e si fece di fiamma in volto.

— Hai paura?...

— Sì. Del mondo ho paura. È troppo maligno.

— Allora... addio!

Si dettero la mano senza parlare e il giovane uscì.