Vai al contenuto

Pagina:Rivista di Scienza - Vol. II.djvu/399

Da Wikisource.

analisi critiche e rassegne 391

Avremo anzitutto la forza f, dovuta al campo elettromagnetico esterno (f=0, se il campo elettromagnetico è interamente creato dalla carica e); poi la forza φ dell’autocampo, cioè quella che de subisce da parte degli altri elementi costituenti la carica: poi finalmente un’ulteriore forza ψ, in cui intendiamo compendiate tutte le altre azioni a priori possibili (per es.: peso, azioni molecolari, reazioni provenienti da eventuali vincoli, ecc.). f, φ, ψ, designano altrettanti vettori. La loro somma

f + φ + ψ

rappresenta, per definizione, la forza totale, che si esercita in dS.

Detta α l’accelerazione dell’elemento, avremo, per il principio fondamentale della dinamica,

(1) dm • α = f + φ + ψ.

Sommiamo questa relazione vettoriale con tutte le analoghe relative agli altri elementi di S. Nel primo membro, designando con m la massa totale situata entro S, e con a l’accelerazione del baricentro, si ottiene, come è ben noto,

m • a.

Se poi si chiamano: F la risultante delle forze f, dovute al campo elettromagnetico esterno, Φ la risultante delle forze φ dell’autocampo, Ψ la risultante delle forze complementari ψ, si ha la formula

(2) m • a = F + Φ + Ψ,
da cui prenderemo le mosse per la nostra discussione.


Teoria elementare (di Schuster).1

Nel caso particolare di una carica immobile (del resto comunque distribuita)

Φ = 0.

Infatti le azioni elettrostatiche φ fra le varie cariche elementari sono caratterizzate dalla legge di Coulomb, e quindi a due a due eguali ed opposte.

Quando si tratta di una carica in moto, le forze φ dell’autocampo non seguono più in generale il principio della reazione eguale ed opposta all’azione, perchè la propagazione da un elemento ad un altro esige un certo tempo, ciò che, in regime variabile, turba di regola il compenso.


  1. The discharge of electricity through gases, «Proc. of the Royal Society», 47, 20 Marzo 1890.