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426 rivista di cavalleria


Il signor Vittorio Nazari ne scrisse sulla Tribuna alcuni mesi fa, e lo fece con tanta efficacia ed eleganza di stile, che mi è impossibile qui non trascrive e alcuni suoi periodi quasi per intero, mutilando crudelmente il suo pregevole lavoro per coordinarli, trascurando quelli senza interesse per la cavalleria ed aggiungendo qualche mia osservazione modesta.

È ammirabile il senso pratico e la semplicità del regime di vita di questi soldati e dei loro fidi compagni, i cavalli.

Non vi è certo chi non conosca, almeno per averla veduta riprodotta su qualche quadro, la tradizionale uniforme dei cosacchi, con la quale, allorchè i soldati sono disarmati, sembrano, per la grande semplicità loro e della veste, sacerdoti più che soldati.

L’uniforme dei cosacchi differisce spesso fra un reggimento e l’altro solo dal colore della pettina e del cocuzzolo del berretto di pelo, a forma di tronco di cono.

Le camerate come le scuderie sono costruite in legno, e la parte destinata agli uomini, ha il pavimento elevato di un metro circa dal livello del suolo.

Le camerate sono pulite e l’ordine vi regna sovrano fin dai primi momenti in cui il soldato rientra in quartiere: in esse non si sentono grida, schiamazzi, o, il solito vocio rumoroso degli alveari umani.

Le armi, compreso il moschetto, sempre coperte da un astuccio di cuoio con lungo pelo scuro, sono subito collocate presso il grande mantello di pelle egualmente con pelo, nel quale, essendo fatto a forma d’imbuto, s’infilano, per così dire, i cavalieri quando d’inverno debbono montare a cavallo.

I cosacchi sono di una fibra fortissima e curiosa. Essi tollerano meglio di moltissimi meridionali il gran caldo e se ne ridono delle più rigide temperature invernali.

In ciacuna camerata esiste un piccolo altare con le immagini sacre del solito stile bizantino, che hanno in realtà, tanto della pittura che della scultura.

Vi è un quadro dell’imperatore e dell’imperatrice, e delle