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278 francesco gnecchi

eccessivamente rari. Non se ne conoscevano finora che due dì Domiziano, uno di Trajano e due di Adriano, ossia quanti si possono contare sulle dita di una mano. Il che oggi non si potrà più dire essendo diventati sei con quello ora descritto.

Quantunque esso abbia un diametro eguale o pochissimo superiore a quello di un mezzo bronzo, l’ho detto di conio romano, e conviene provarlo; ciò che non mi riescirà difficile essendovi tre forti ragioni a sostegno di tale asserzione, Tarte, la rappresentazione del rovescio e il peso.

L’arte è veramente quella della buona epoca romana in cui ci troviamo, ed è la stessa arte dei bronzi di Trajano. Il che vuol dire che si scosta assai da quella dei medaglioni di conio asiatico, nei quali essa si addimostra più primitiva, più rozza, e presenta un tipo affatto speciale. Anche i caratteri delle leggende sono precisamente i caratteri delle buone monete romane, mentre nei medaglioni di conio asiatico non ne hanno mai la purezza e s’accordano invece coll’arte più bassa dell’incisione della figura.

Si confronti alla Tavola il Medaglione di Trajano coi tre seguenti (N. 2, 3 e 4) d’Adriano, che ho riprodotto principalmente allo scopo di offrire tale confronto; e ognuno vedrà chiaramente quanto l’arte romana differisca dall’arte asiatica, sia per l’incisione delle teste e dei rovesci, sia per lo stile dei caratteri, sia infine per la parte meccanica della coniazione. Per poco che si abbia l’occhio abituato all’osservazione delle monete è impossibile non avvertire tali differenze.

Il secondo indizio egualmente positivo e fors’anche più forte consiste nella rappresentazione del rovescio eminentemente romana, la quale, nuova nella serie