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492 | giovanni mulazzani |
argomentazioni non trovansi mai scompagnate, che la Zecca di Parma posto in disparte l’apocrifo diploma di Corrado il Salico imperatore, 1207, a cui credo si possa copulare il nummo muratoriano di quel monarca, la Zecca di Parma, dissi, era già aperta nel 1207, regnando il re di Germania Filippo di Svevia, probabilmente per sua concessione, essendovi il suo stampo. Alla foggia delle altre città italiane continuò per tutto il secolo XIII e parte del XIV, con grossi e danari onorevolissimi, improntati del nome di Ottone IV e Federico II, e in seguito, di puri caratteri repubblicani. Caduta Parma stabilmente nel 1346 sotto il dominio dei Visconti, dopo di essere stata soggetta ora a papi, ora ad imperatori e monarchi tedeschi ed ora agli Scaligeri, la sua zecca rimase per un intiero secolo chiusa, finchè, estinta quella nostra dinastia, diede fuggitivo segno di vita per due monetine erose, ch’io conservo, una delle quali inedita, autorizzate a richiesta del municipio, dal gran Capitano che nominai da principio, e di cui portano difatti il nome: e queste sono le sole che si contano della casa Sforza colà sorta, quantunque essa ne abbia tenuto la Signoria per quattro generazioni di duchi. Mancanti similmente siamo dei conî dei due re di Francia, che conquistarono al principio del 1500 il Ducato di Milano, di cui erano membri Parma e la vicina Piacenza. Ma in questo torno moltissime ve n’ha di pontificie, attinenti a Leone X, Adriano VI, Clemente VII; in cui mi fermo per non oltrepassare l’età di mezzo, che de’ nostri studî è precipuo scopo.
Poche osservazioni mi chiama a fare il mio assunto, intorno l’arte e i sistemi monetarî, che furono vigenti sulle sponde del Taro, nel periodo che ci spetta. Sul primo conto dirò, che gli stampi dei