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compendio storico di quindici zecche italiane 501

quali cose patrie, qui per la tredicesima ed ultima si affaccia con meraviglia l’officina monetaria, che fu già in dominio della superba città, regina un giorno dell’Adriatico mare e Jonio. Conî ne abbiamo senza interruzione dal 1807 al 1813, in argento o rame, eguali a quelli che si stampavano a Milano e a Bologna, meno l'oro, riservato alla metropoli. Però è da sapersi che nel nobilissimo metallo non si cessò colà di lavorare giammai; avvegnacchè zecchini dell’antica rozza fattura, per milioni e milioni si fabbricarono continuamente per il commercio del Levante, com’era già accaduto nella prima occupazione austriaca.

Caduto nel 1814 l’impero napoleonico, invaso e disciolto il Regno d’Italia, la Lombardia e la Venezia ritornate sotto il giogo dell’Austria, col trattato di Parigi 11 maggio di detto anno, la zecca veneziana proseguì operosa negli antichi zecchini, frammischiandoli di pochi talleri e lire di convenzione, vale a dire, della norma tedesca: finchè giunse il 1822 a mettere in pura mostra, tanto a Venezia che a Milano, un imperfetto sistema monetario in tutti tre i metalli, morto appena nato, e che, non avendo servito al vero e nobile suo scopo della circolazione, servire potrà, rifugiato com’è fra le anticaglie dei nostri musei, ad esercitarvi sopra la critica di dotte penne per il ben pubblico futuro.