Pagina:Rivista italiana di numismatica 1890.djvu/222

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congetture sull’attribuzione, ecc. 211

misse longobardo, questi l’avrebbe fatto, o in modo palese coll'intendimento di stabilire la monetazione su basi diverse, o segretamente a scopo di lucro. La prima ipotesi è contraddetta dal buon peso costante e dallo stampo invariato dei tremissi longobardi fino a Liutprando. La seconda poi non regge affatto se appena si consideri che l’autore della frode, lungi dallo scioccamente palesarla con un tipo nuovo di pianta, avrebbe fatto di tutto per nasconderla sotto le forme consuete.

Ignoro le ragioni che indussero Astolfo a modificare il peso e variare lo stampo dei suoi tremissi. Fatto è però che dopo di lui non si ritornò più al tipo ed al peso di prima.

Mi chiesi se l’ardita lettura di Gariel non potesse avere probabilità di vero, e non a me soltanto, ma lo chiesi anche ad altri assai di me più valenti. E questi cortesemente mi risposero non vederne di migliori, neppure nel mio tremisse, e con generosa modestia aggiunsero che non mi avessi a preoccupare dei loro giudizi e farmene uno da me.

Per quanto infatti strana a prima vista, la lettura di Gariel sembrami tecnicamente la più naturale. Nel mio tremisse i nomi di Carlo in diritto, di Carlomanno in rovescio si presentano con un’evidenza sorprendente.

Ma come ammetterli in moneta longobarda? Dove quei tremissi poterono aver veduto la luce? Non in Francia, ove recentemente Pipino il Breve aveva abolito la coniazione dell’oro e riconosciuto sola moneta legale l’argento. Dato anche che Pipino o i suoi figli avessero eccezionalmente battuto oro, li avrebbero data la forma massiccia merovingia