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Lo spoglio del libro dei Conti della zecca di Roveredo dimostra, che sotto Gian Francesco Trivulzio la zecca era una fabbrica di monete erose. I Gnecchi ci danno la descrizione di 20 tipi e varianti di questa monetazione; fra essi non ne troviamo alcuno di quelli registrati nei libri dell’Albriono. Bisogna ritenere ch’essi andarono perduti o confusi coi vecchi conii di Gian Giacomo o d’altre zecche1, e non sono dai numismatici attribuiti a G. Francesco Trivulzio.

Così non si conoscono i testoni della Madonna, i denari da un soldo e due denari, da soldi quattro e denari sei, ecc., che pur figurano nel registro dell’Albriono.

Certo Roveredo era una delle zecche che si faceva lecito «disfare li boni scuti per fare d’essi scuti

    Questi denari da 3 bazzi sono le monete chiamate nelle gride bianchi o bianchoni ed or conosciuti col nome di testoni. I Gnecchi ne descrivono 3 tipi. Due hanno la testa con la leggenda FRANCISC. TRIVL. MAR. VIGLE. E. C. e San Biagio nel rovescio. Il terzo, invece del Santo, ha lo stemma dei tre pali in uno scudo a testa di cavallo e intorno la leggenda MAR. VIGLE. ET. CASTRI. NOVI. C. M. Dalla parte della testa si legge FRANCISCVS. TRIVVLTIVS; questo tipo corrisponde alla descrizione dei bianchi trivulziani data dal Leyva in una grida monetaria. (Vedi avanti n. 95).

    Imitazione dei Cornabò del Monferrato i quali pesavano appunto d. 4, s. 6. Vedi Promis, Monete dei Paleologi. Torino, 1858, pag. 31. Corrispondono alle monete segnate dai Gnecchi come cavallotti dal 6 al 10. Op. cit, pag. 21.

    Su questo disegno G. Giacomo battè il doppio testone del quale se ne conosce un tipo. (Vedi Gnecchi, Op. cit., pag. 4, n. 7) il testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 8, 9, 10) il mezzo testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 11) e il quarto di testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 12) e Tav. 1, n. 7, 8, 9. Monete di Gian Francesco di questo tipo sono sconosciute.

  1. Eidgenössische Abscheide, dell’anno 1550, n. 379. — Liebenau, Die von Uri, Schwyz und Unterwalden gemeinschaftlich geprägten Münzen, In «Bulletin de la Société suisse de Numismatique» Band VII. Basel, 1888, pag. 106. Nel 1550 si temeva che i vecchi stampi della zecca di Bellinzona fossero stati dalla casa di Alessio Tütsch trafugati a Roveredo,