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è davvero esistita la zecca di mesocco ? 405

a favore degli uomini di quelle valli, dietro lo sborso di 24500 scudi d’oro d’Italia. Non è qui luogo dilungarci sull’istrumento steso per la vendita: fra molti patti e convenzioni rileveremo solo che «il Signore se riservato in questo tuti mobili che sono in la cassa (casa) de la zecha et le fontane de marmollo che sono in palazo et che fatto lo istrumento de la vendita, da li 15 giorni per spazare».

Ma avuti 17400 scudi, Gian Francesco si pentì della vendita fatta; nacquero contestazioni e questioni che per più di un secolo si trascinarono avanti i tribunali delle Tre Leghe e dell’Impero1.

Ma nulla ottenne Gian Francesco, e come il suo rappresentante piatì alla dieta di Ilanz «lo spogliarono del tuto del suo possesso. Et missero mano ancora nei mobili del Sig. Marc, reservati come sopra» 2.

Gli attrezzi dell’officina monetaria restarono a Roveredo inoperosi. Nei sotterranei della zecca se ne vedevano ancora al principio del secolo; sfortunatamente nel decennio dal 1820 al 30, ristaurandosi quei locali, andarono dispersi3.

Nella casa passata in proprietà della valle, ebber

    Pergamena originale inedita del notajo Lazzaro Bovollino Q. Martino nell’Archivio Patriziale di Mesocco. Da una copia in lingua volgare del secolo XVI favoritaci dall’avv. Aurelio Schenardi di Grono abbiamo tolta la nostra citazione.

  1. Per questa intricata questione vedi Libbenau, Zur Münzgechichte, ecc., e il nostro articolo «Un bando contro le monete Trivulziane».
  2. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 13. Copia del XVI secolo del memoriale presentato alla dieta di Ilanz.
  3. Motta, Le zecche di Mesocco ecc., pag. 140. Cita 8 punzoni, sei dei quali coll'impronta di monete venete, 1 di Francesco I di Francia e 1 di Paolo III Farnese duca di Piacenza.