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le monete del ducato napoletano 453

come dicono a rammentarlo, e riprodotto in più libri, si scopre una postuma impostura1.

Ben altro significato ebbe la protome di s. Gennaro sulle monete, e in tempi meno lontani vi comparve.

Quando il furore iconoclasta di Leone Isaurico commosse l’Italia e vi destò il primo sentimento di nazione, Napoli fu l’ultima ad insorgere; anzi dalla città partirono armati ad offesa del Papa, e non si volle ammettere dentro le mura l’eletto vescovo Paolo, quia tunc Parthenopensis populus potestati Graecorum favebat2, Ma infine i primati, uno consilio, unoque consensu, si scoprirono anch’essi avversi alla detestabile altercazione delle immagini, e il Duca Stefano secondò quel moto d’indipendenza, e fece rendere al Pontefice i patrimoni della Chiesa Romana confiscati presso Napoli; e, allorché Paolo venne a morte, fu egli stesso consacrato Vescovo nel 767. Tra quegli anni dunque, quando la prima volta sollevaronsi i primates Neapolitani, e quando tornò in onore il culto delle sante immagini, quasi a protesta del divieto che le avea proscritte3, deve credersi battuta la moneta, che reca la figura di S. Gennaro, della quale rimangono i tre seguenti esemplari4:


  1. La Narratiuncula dice che sulla moneta fa impressa da una parte la protome del Santo e la scritta Ἄγιος ὁ Ἰανουάριος, Santus Ianuarius, e dall'altra Λυτρωτὴς τῆς πόλεως ἀπὸ τοῦ πυρός, Liberator Civitatis ab igne. Però nell'esemplare della moneta edita dal Tutini, Op. c. al dritto si legge Apostolus Ianuarius, onde il Muratori, riproducendola, confessa che la spiegazione di quel titolo divinari nondum potui. E giudicando dal carattere corsivo della scritta greca improntata nel rovescio, e dagli accenti che la segnano, suppone, come suppose anche Stilting, Act S. Ianuar. et soc., che fosse opera di tempi posteriori; e si paò aggiungere che fa opera di falsarii. Il Fusco, nelle carte citato, dubiti anch’egli della veracità della moneta; ma non osa bandirla.
  2. Iohan, Diac. Gesta Epis, Neap. ed. Waitz Mon. Germ. Hist. n. 41.
  3. A conferma di questo fatto s’aggiunge un’altra testimonianza, cioè quella dei suggelli del Vescovo Paolo, e del Vescovo Duca Stefano conservati nel Museo Nazionale di Napoli. In entrambi si vede l’immagine di s. Gennaro con la scritta pauli episc — scs ianovari — stephani episc — scs ianuarius.
  4. Sono tutti di rame, e si conservano nella Collezione Sambon. La 1a pesa gr. 1,92 la 2a 1,85 e la 3a gr. 1,75.