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durò l’indipendenza della sua patria. E mentre egli tramischiandosi alle gare dei dinasti Longobardi, lottando con essi e contro essi, apprendeva ai successori l’arte di schermirsene e d’infievolirne le forze, suo figlio Cesario, opponendo alle offese le offese, spazzava il golfo dai pirati Saraceni, scacciavali dal porto di Gaeta, e rivincevali più gloriosamente in battaglia navale ad Ostia1. Rare volte nel Ducato Napoletano apparve come allora una maggiore operosità politica, una maggiore virtù militare. E si può bene immaginare che Sergio, orgoglioso dei trionfi, sicuro della sua potenza, sorretta dall’ossequio dei cittadini, e dall’alleanza del Papa e degl’imperatori Carolingi2, ardisse, primo fra tutti, segnare intero il suo nome sulle monete, ed improntarvi la sua effigie ornata dei simboli fastosi dei Cesari bizantini.

Questo lungo e glorioso dominio esclude per me anche la possibilità, che negli anni del suo Ducato siasi coniata moneta col nome imperiale a Napoli, e meno ancora quella che reca le immagini di Michele III il Beone e di Basilio I, ed ha in giro la leggenda MIHAEL IMPERATOR e BASILIVS REX3. Il Liruti, che prima pubblicolla, notando la singolarità del titolo latino, la giudicò venuta fuori da una zecca dell’Italia meridionale, e probabilmente da quella di Napoli; e interpretò il duplice titolo d’imperatore e di re come un segno d’opposizione ai titoli che s’arrogavano gl’imperatori d’occidente4. Onde il sospetto parve certezza al Kunz; il quale, plaudendo al Liruti, e confermando che quel Follis fosse napoletano, soggiunse che bastava porlo

  1. Cf. Joan. Diac., n. 60, Anast. Bibliot., In Leon IV. Ignot. Casin., Ad an., ecc.
  2. Penes Gregorium, Romanae sedis Pontificem, ergoque serenissimos viros Lodoicum piissimum.., eiusque Subolem Lotharium, invictissimos Cesares familiarissimus esset, maximumque obtineret honoris locum, ecc. Vit. S. Athanas., l. c.
  3. Rame. Peso gr. 6,967 (Collezione Sambon). V. Tav. XI, N. 2.
  4. Liruti, Lettera al conte Savorgnano.