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camillo mariani coniatore di medaglie 185

in Vicenza una certa popolarità era, invece, il libro del Marzari, il primo, che uscisse per le stampe, di storia vicentina. E che il Mariani attingesse esclusivamente da quello il concetto delle sue medaglie, si fa manifesto anzi tutto dalle leggende intorno a’ busti di Quinto Remio Falemone e di Allieno Cecina. In esse non si riproducono già, come s’è detto, le antiche iscrizioni, quali con una certa dottrina si erano illustrate antecedentemente e pubblicate da Bernardino Trinagio1, ma quali si leggono con non dubbie interpolazioni nell’Historia di Vicenza. E più che dalle leggende in onore di Palemone e di Cecina, si fa manifesto dalla leggenda, scolpita nel rovescio della medaglia del conte Alferisio.

Dove il Marzari attingesse le notizie intorno a questo illustre Vicentino, che si presenta a’ posteri avvolto, se così si può dire, entro il velo del mito, io non so né giova ora indagare. Ben posso aggiungere che né il Pagliarini, ne altri lasciano neppur sospettare che l’impresa, alla quale si allude nella medaglia, si riferisca a’ tempi di Giovanni V pontefice, anziché dell’VIII. E la leggenda fa risalire l’avvenimento, come nell’istoria del Marzari, non a Giovanni VIII, ma al V. Un’unica contraddizione si sorprende tra ciò, che dice lo storico vicentino e la medaglia in onore del Marano. Il Vicariato cioè dell’impero, ufficio tenuto nel 1244, non s’accorda in nessun modo con la leggenda della medaglia, che reca il nome non di Federico II, ma di Federico I il Barbarossa. Questa non è però una contraddizione di molto conto. È derivata forse dalla scarsa erudizione dell’artefice. Il Marzari aveva detto bensì che il Marano era stato, nel 1244, Vicario dell’imperatore Federico, ma non aveva soggiunto di quale. Sicché non é da far maraviglia, mi pare, se il Mariani, ignaro, per quanto è dato congetturare, della cronologia,

  1. Trinagii, Op. cit. Vicentiae, 1577.