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226 francesco malaguzzi valeri

l’altra è la mancanza assoluta di successivi documenti sulla zecca propriamente detta. Le carte della zecca, presso l’Archivio di Stato di Reggio, si arrestano appunto a quell’anno, per quanto riguarda le coniazioni; le posteriori sono gride e carteggi relativi al corso delle monete nella città o a questioni analoghe. Le ricerche fatte negli Archivi vicini e sopratutto quelle diligenti eseguite nella Sezione Comunale dell’Archivio ricordato, non ci lasciano alcun dubbio sul tempo della definitiva chiusura. Nè i carteggi pel solito completi tra il Comune e il duca e tra questi e il Reggimento, nè le Riformazioni o Provvigioni del Consiglio, una serie preziosissima di volumi diligentemente redatti, nè i mandati di pagamenti della Tesoreria che per l’addietro registravano le spese più minute per la zecca, fanno alcun cenno di coniazioni ulteriori. I certificati dei saggiatori tenuti ordinatamente e ancora in filze fino a poco tempo fa, si arrestano appunto al 1573. Inoltre un registrino, ove sono diligentemente notate tutte le monete che sortivano di zecca, si arresta anch’esso a quell’anno; tutte le carte che seguono e formano i tre quarti del codicetto sono del tutto bianche.

Dopo il 1573 rimasero in Reggio i presidenti della zecca e i superstites cichae, ai quali spettava la sorveglianza sul corso delle monete e che stavano in relazione colla corte ducale per tutto ciò che si riferiva alle gride e al valore delle monete in corso a Reggio e nel ducato.

Alla chiusura della zecca di Reggio si giunse quando il duca ebbe trovato un espediente che rispondeva al suo scopo, nel rendere responsabile la Comunità dei mancamenti degli zecchieri, tutt’altro che rari, in quel tempo. È probabile che la sorveglianza che il Comune esercitava o avrebbe dovuto esercitare sull’andamento della zecca, per mezzo dei